SPECIALE INEDITI – FAMOSI IN COREA!
Oltre le frontiere
Intimistico, crudo, leggero e imprevedibile. Il cinema coreano riesce a essere tutto questo emergendo con le sue peculiarità dal calderone che nell’immaginario comune viene etichettato come “cinema orientale”.
Ondeggiando tra storie di amori accennati e ciniche visioni di un mondo alla deriva, per gli appassionati di pellicole asiatiche è imprescindibile gettare almeno un’occhiata al lavoro che registi come Bong Joon-ho e Yun Jae-yeon mettono in scena per dar vita a pellicole di ogni genere fresche di novità e ricche di talentuose trovate. Senza tralasciare i vari attori coinvolti (a cominciare dalle attrici Jeon Ji-hyun e Choi Bona, rappresentanti di una nuova generazione che schiera donne in ogni settore del cinema), che non hanno né l’esuberanza attoriale dei colleghi nipponici, né la smaccata recitazione teatrale di quelli filippini e nemmeno un’impronta più occidentale rispetto a quelli di Hong Kong, ma possiedono invece una peculiare capacità di rendere più netti i propri personaggi, spaccando letteralmente le psicologie fra luci e ombre, buono o cattivo. Come, però, se la cava il cinema coreano a livello di resa economica? Il cinema d’essai rappresentato dal riservato The Winter of the Year Was Warm e il docufilm City: Hall giusto per citarne due, ha una certa difficoltà di distribuzione non tanto a livello logistico, quanto piuttosto per la ricezione presso il pubblico, che portano a considerare una media di otto, diecimila biglietti staccati un buon risultato. Le recensioni positive e i premi durante vari festival sono una garanzia a livello tecnico, ma sembra che a quello di audience non aiutino granché una maggior diffusione. Fortunatamente, investimenti coraggiosi spesso da parte degli stessi registi/produttori (tra cui spiccano nomi come David Cho e Jeong Jae-heun) non intaccano la generale qualità delle produzione d’essai. Chi invece pare essersi risollevato sono proprio il cinema più popolare e le grandi produzioni in genere, dopo il non floridissimo biennio 2012-14, che ha visto passare sotto silenzio – o meglio, con un brutto flop al botteghino – piccoli gioielli come How to Use Guys With Secret Tips di Lee Won-suk, vincitore peraltro della 15° edizione del nostrano Far East Film Festival. Nonostante le grandi produzioni siano viste come un rischio e si tenda a finanziare progetti a medio budget, le sirene del mercato internazionale erano dure da ignorare e così il regista coreano Bong Joon-ho ha tentato il grande salto con quella gemma che è Snowpiercer. Il film potrebbe essere la perfetta locandina di un’evoluzione della cinematografia della sua patria, che non si avvita più solo sulla sua prospettiva intimistica o comunque geocentrica, ma prova a darsi un’impronta più globale. Una riprova che ormai l’Oriente in generale è decisamente pronto a gettare in acqua le sue sirene, con produzioni sempre più tecnicamente valide e, a differenza di quelle che invadono i nostri cinema, per lo più originali.