65° Festival Internazionale del Cinema di Berlino, 5 – 15 febbraio 2015, Berlino
L’arte antica alla conquista di Berlino
Darwin riteneva che l’eccezionale sviluppo della capacità cerebrale dei nostri antenati ominidi dipendesse della loro trasformazione da quadrupede a bipede. Altri studiosi invece dissero che c’entrava il pollice opponibile presente nei primati.
Indubbiamente, il fatto di poter disporre in completa libertà di strumenti quali i nostri versatili arti superiori alla lunga deve aver fatto la differenza. L’uomo, estremamente agevolato nel procacciarsi il sostentamento, poté allora ingegnarsi nel creare un variegato sistema di comunicazione gestuale e grafico, complessi utensili e persino manufatti artistici. Delle tecniche di espressione rudimentali, miglioratesi poi coi millenni, a volte miracolosamente sopravvissute nel tempo, come quella la fusione a cera persa: un rito giunto a noi direttamente dal VI secolo a.C., contro cui il progresso tecnologico ha potuto fortunatamente poco, capace magicamente di dar anima e voce alle materie inanimate e ancora oggi usato non soltanto per scopi artistici ma anche per produrre i componenti dei potenti motori dei veicoli areospaziali. Una peculiarità, quest’ultima, che ci consente di spingerci ad affermare – senza troppi azzardi – che c’è davvero qualcosa dei Bronzi di Riace pure nell’infinito spazio siderale. Questa antica tecnica ha stregato a tal punto Francesco Clerici, storico e critico dell’arte nonché regista classe 1983, da spingerlo a girare interamente il suo primo lungometraggio in un luogo inconsueto come la Fonderia Battaglia di Milano, dove da cent’anni si perpetra quotidianamente un rito artistico dalle reminiscenze preistoriche. Interessata soprattutto a nobilitare il susseguirsi dei vari momenti artistici che danno vita alla scultura – e che quindi secondo Clerici meritano di essere osservati altrettanto attentamente quanto l’arte stessa – la macchina da presa diventa il testimone privilegiato dei diversi passaggi creativi coi quali lo scultore Velasco Vitali e gli artigiani plasmano l’esile forma negativa in cera per dar vita alla solida scultura bronzea in assenza di commenti narrativi e di musiche extra-diegetiche. Dei fotogrammi in bianco e nero appartenenti ad un video girato nel 1967 proprio nella stessa fucina milanese inframmezzano ogni tanto il racconto della genesi artistica mostrando come in realtà l’intero procedimento rimanga intriso dell’importante consapevolezza del complesso concetto di Techné tramandatoci della Grecia classica e quindi sempre lo stesso. Un esempio d’eccellenza che ribadisce come non tutto ciò che è antico sia per forza completamente inutile o da buttare. Non stupisce quindi più di tanto che l’affascinante danza delle mani di questi moderni eredi di Prometeo abbia decretato la vittoria del premio FIPRESCI all’ultima Berlinale.
Il gesto delle mani [Italia 2014] REGIA Francesco Clerici.
CAST Velasco Vitali, Mario Conti, Lino De Ponti, Luigi Contino.
SCENEGGIATURA Francesco Clerici. FOTOGRAFIA Francesco Clerici. MUSICHE Claudio Gotti.
Documentario, durata 77 minuti.