“Un uomo senza un segreto è un uomo senza identità”
Una storia di nostalgia e segreti, delle cose che avremmo voluto dire, di ciò che non siamo riusciti a capire in tempo. L’ultima graphic novel di Michele Rech, meglio noto come Zerocalcare, si fonda ancora una volta sull’idea del rimpianto e sul senso del tempo (perduto).
Il trentunenne romano, ormai autore di culto nel panorama letterario italiano, si mette a nudo come mai aveva fatto guidandoci in un intimo e toccante viaggio che scava nelle origini e nei misteri della sua famiglia. Una storia sorprendente e ingarbugliata, costellata di fuggiaschi e impostori, guerra e dolore, coraggio e paura. Un percorso che, nella continua alternanza tra presente e passato, assume ben presto i connotati del romanzo di formazione. Un Bildungsroman di grande densità emotiva che ci porta a riflettere, al pari del suo protagonista, sul senso della perdita, sulla nostalgia per ciò che ci siamo lasciati sfuggire, su verità postume che pongono sotto nuova luce chi pensavamo di conoscere bene. Domande che nascono tardivamente quando ormai le risposte non sono più rintracciabili se non attraverso un lavoro investigativo che conduce in zone d’ombra inaspettate, che aumenta paure e senso d’impotenza, ma che diventa decisivo per crescere. Non si farà tutto chiaro di colpo, non sarà rivelata una verità accomodante, un nome evocato a lungo diventerà concreto solo per essere nuovamente dimenticato. Certo è sempre lo Zero che abbiamo imparato a conoscere, un miscuglio di ironia corrosiva e malinconico sarcasmo, la perenne inadeguatezza mascherata dall’irresistibile romanesco, tra un “daje” e un “mecojoni”, sentimenti autentici e profondi mischiati a merendine, bombe carta, serie tv e odore di Rebibbia. Tuttavia nel dispiegarsi della storia iniziamo a percepire qualcosa di diverso. Spingendosi sempre più in profondità nel labirintico passato della nonna, ecco che Zero arriva a un punto di non ritorno davanti al quale andrà compiuta una scelta mai affrontata prima, almeno non in modo così radicale: non è più nella vallata protetto dalla rassicurante ombra di una montagna con sembianze altrui, ma “onda dopo onda, errore dopo errore” sarà pronto a diventare monte per qualcun altro? Com’è noto, “non è senza un prezzo salato diventare grande”. Se le risposte ottenute placano la parte razionale del nostro protagonista, ecco che quel groviglio di rimpianti e rimorsi, quel desiderio di cose ormai svanite e irraggiungibili, gli si ferma invece proprio lì, in mezzo al petto, e non andrà più via. Dimentica il mio nome è, letteralmente, una “storia da film” capace di condurci alla scoperta di un passato doloroso che irradia però una luce rivelatrice, perché “sapere quante cose si sono accumulate per arrivare fino a te, ti dice anche qualcosa di chi sei”.