32° Torino Film Festival, 21-29 novembre 2014, Torino
A history of (pulp) violence
Perché dovrebbe esserci freddo a luglio? In fondo, non siamo in un qualche sperduto paesino artico dove ghiaccia sempre, ma in Texas, e l’anno è il 1989. Tutto è inciso in Cold in July, le informazioni e gli avvenimenti sono perforanti come pallini di un fucile a canne mozze.
Eccetto la notte in cui Richard trova un individuo dentro casa: lì l’uomo, il marito, il padre di famiglia, ha vacillato sul da farsi, finché di riflesso ha sparato un colpo con il suo revolver. Bam!, il delinquente cade a terra con il cranio perforato. Ha fatto il suo dovere di cittadino uccidendo quel sacco di merda, ma sembra essere proprio l’unico a non rendersene conto. Insomma, è realmente così orribile il gesto che ha fatto? Perfino la polizia lo tranquillizza scagionandolo sul fatto, ma quest’uomo di cosa va in cerca, vuole crearsi problemi solo? È veramente così inetto da mettere in discussione la sua reazione istintiva? Se solo questo delinquente non avesse avuto un padre appena uscito di prigione e messosi sulle sue tracce per minacciare la sua famiglia, Richard, un semplice corniciaio, forse non si sarebbe trovato dentro un gioco più grande di lui, invischiato in una storia di violenza. Anche perché, se quel tranquillo cittadino non avesse avuto tutti quei dubbi sulle proprie azioni, magari neanche avrebbe scoperto che l’identità del delinquente ucciso non è quella cui gli avevano fatto credere. È un film sulla capacità di agire, sul mettere in pratica delle azioni in alcuni casi estreme, tanto che sembrano sempre essere strozzate sul momento. I tentennamenti esistono per tutti, che sia più comprensibilmente per il pacato corniciaio o per l’investigatore privato cowboy (Don Johnson!) abituato a trattare con la feccia tutto il tempo. È un viaggio parallelo di due padri alla scoperta di quel che possono fare, del tranquillo corniciaio che decide di uscire per la prima, e forse unica, volta da una mite esistenza e non esser più passivo agli eventi, ma anche di chi deve affacciarsi alle conseguenze della propria assenza come quell’ex carcerato che all’inizio minacciò la sua famiglia. Due facce opposte ma che assieme ci trascinano nei territori del noir/pulp, del resto l’origine letteraria è nota, con una violenza sempre pronta a esplodere. Siamo lontani dagli sbarluccichii degli anni Ottanta, quel che rimane è la natura rovinata della periferia umana, un male condannabile senza imposizioni morali ma naturalmente mostruoso; quel che rimane è come l’estetica usurata di una VHS su cui è stato filmato uno snuff movie con la sua sigletta, ridicola e terribile allo stesso tempo. È pur sempre un mondo per chi agisce duramente, e che richiede azioni da sangue freddo. Ma a quanto pare è impossibile, perché la temperatura sale, come il caldo di luglio.
Cold in July [id., USA 2014] REGIA Jim Mickle.
CAST Michael C. Hall, Sam Shepard, Don Johnson, Vanessa Shaw.
SCENEGGIATURA Jim Mickle, Nick Damici. FOTOGRAFIA Ryan Samul. MUSICHE Jeff Grace.
Noir, durata 109 minuti.