SPECIALE BUSTER KEATON
L’ospitalità non si rifiuta mai
“Love thy neighbour as thyself” arreca una scritta sulla parete di casa McKay. Alla nobiltà e solennità di suddetti intenti, tuttavia, non corrispondono azioni adeguate. Da tempo immemore, infatti, tale famigliola americana è impegnata in una faida continua con i ben più agiati ed altrettanto guerriglieri Canfield. Tra una sparatoria e l’altra, solo l’amore corrisposto tra il tenero e pasticcione Will McKay e la terza rampolla della famiglia rivale porrà fine ad una lotta tanto bizzarra quanto ingiustificata.
Secondo lungometraggio che vede Keaton come attore e regista, Accidenti, che ospitalità! è un’esilarante black comedy dal ritmo crescente e dai risvolti rocamboleschi. Nel film, il genio di Piqua si serve di un impianto narrativo di stampo teatrale e fa pieno sfoggio della sua inesauribile verve comica in una serie di situazioni surreali e dalla marcata e pungente ironia. Divisa in quattro atti principali, la pellicola si contraddistingue per una rigorosa alternanza di registri, dal drammatico al comico, dal canzonatorio al funambolesco, che si confà perfettamente all’ecclettismo artistico e registico dello stesso Keaton. Ad un prologo alquanto solenne e sostenuto, ed in cui aleggia un utilizzo marcatamente noir della luce e della composizione delle inquadrature, segue l’intramontabile sequenza dedicata al lungo viaggio in treno del giovane Will verso il paese natio. In essa, il tono si fa decisamente arioso e punteggiato da gag memorabili, tra le quali spiccano quelle dell’anziano signore che lancia pietre al macchinista al fine di ricevere legna per il fuoco e lo spostamento manuale delle rotaie al solo scopo di non disturbare un asino poco incline a sgomberare. Nel terzo e quarto atto, in cui fa da sfondo il leitmotiv del film stesso, domina l’ironia alacre e scanzonata che da sempre caratterizza la comicità keatoniana. Ecco allora che l’impossibilità da parte dei Canfield di uccidere l’odiato avversario sulla soglia domestica in quanto poco consono alle rigorose leggi locali sull’etichetta e sull’ospitalità diventa il perno su cui poggia l’intera vena satirica del film. Fuori di casa, tuttavia, l’inseguimento si sviluppa in una serie di trovate al limite dell’acrobatico e del rocambolesco, tra cascate, cavalli travestiti da donzelle e fiumi in piena, fino allo spiritoso ed alquanto rincuorante epilogo. “Love thy neighbour as thyself” arrecava una scritta sulla parete di casa McKay. Tempo è di riporre le armi e di cominciare, forse, ad amare rispondono i Canfield.
Accidenti, che ospitalità! [Our Hospitality, USA 1923] REGIA Buster Keaton, John G. Blystone.
CAST Buster Keaton, Joe Roberts, Ralph Bushman, Natalie Talmadge Keaton, Joe Keaton.
SCENEGGIATURA Jean Havez, Clyde Bruckman, Joseph Mitchell. FOTOGRAFIA Gordon Jennings, Elgin Lessley.
Comico, durata 73 minuti.