SPECIALE BUSTER KEATON
La vita è un sogno? (O i sogni aiutano a vivere?)
Questa è la storia di un giovane proiezionista in un cinema di una grande città, che sogna di diventare detective. Non solo, è anche la vicenda amorosa di una liaison non del tutto corrisposta, a causa di un rivale molto furbo e agguerrito.
Se ai titolisti italiani è sempre piaciuto giocare con il cinema muto ed in particolare con Buster Keaton, anche il cineasta statunitense c’ha messo del suo. E così questa Palla n° 13 – oggetto protagonista di uno sketch irresistibile – in originale si chiama Sherlock Jr., come fosse un crime movie o un poliziesco. Ma questo capolavoro (si farebbe un torto eccessivo alla pellicola a non definirla tale) del 1924 non parla solo d’amore, e non è ovviamente solo un film d’azione. La palla n° 13 è puro meta-cinema, totale avanguardia cinematica in clamoroso anticipo sui tempi. Non a caso pare che abbia ispirato la carriera di Luis Bunuel, così come è evidente la sua influenza nei lavori di Woody Allen (La rosa purpurea del Cairo su tutti). Dal momento in cui Buster l’operatore si addormenta durante la proiezione, la meraviglia e l’assoluta imprevedibilità degli eventi prendono il sopravvento. E si concretizza la perfetta fusione fra l’attrazione visiva d’inizio Novecento e l’idea di un intrattenimento calibrato e raffinato, privo degli eccessi che poi porterà il primissimo avvento del sonoro. Inizia il sogno, il Nostro eroe si sdoppia e se da un lato continua a sonnecchiare in cabina, dall’altro scende in platea ed entra fisicamente nello schermo. Cinema nel cinema, sul cinema: il corpo onirico di Keaton si trova faccia a faccia con le persone incontrate da sveglio; lui resta fermo, ma cambia lo scenario alle sue spalle. È un flusso di immagini sbalorditivo, affrontato come sempre dal protagonista senza alcun apparente stravolgimento d’animo: il volto rimane imperturbabile, mentre il corpo compie evoluzioni al limite dell’assurdo. Eppure non ci sono controfigure, eppure è lui a sparire dentro la cassettina della venditrice di cravatte e a travestirsi da donna mentre salta fuori da una finestra; fino alla peripezia finale, quella folle corsa sulla motocicletta senza più guidatore. Se realtà e cinema sono interdipendenti l’una all’altro, è anche vero che – come suggerisce la didascalia iniziale – “Se provi a fare due cose nello stesso tempo, non sperare che entrambe riescano bene”. Quello che a Keaton non riesce nel mondo “vero” (la conquista della ragazza amata e la risoluzione dell’enigma del furto dell’orologio) riesce nel sogno/mondo parallelo, e al risveglio sembrerà quasi non esistere più distinzione fra le due. Toccherà quindi prendere ispirazione ancora una volta dal cinema per uscirne vincenti, come nell’ultima dissacrante sequenza. Perché Keaton ci credeva davvero, al cinematografo come modello e come completamento della vita reale, come forma nobile e altissima d’Arte e di realizzazione umana.
La palla n° 13 [Sherlock Jr., USA 1924] REGIA Buster Keaton, Joseph M. Schenck.
CAST Buster Keaton, Kathryn McGuire, Joe Keaton, Erwin Connelly.
SCENEGGIATURA Jean Havez, Clyde Bruckman, Joseph Mitchell. FOTOGRAFIA Byron Houck, Elgin Lessley.
Comico, durata 44 minuti.