Esistenza desolante
Presentato alla 71a Mostra del Cinema di Venezia nella sezione “Orizzonti”, Near Death Experience di Benoît Delephine e Gustave Kervern è un’opera che si discosta dai loro lavori precedenti non tanto per le tematiche affrontate, quanto per la narrazione, il linguaggio e i toni complessivi.
Qui non c’è praticamente spazio per l’umorismo cinico, i personaggi grotteschi e il gusto per l’assurdo di Louise-Michel o Mammuth, dei quali rimangono però due elementi: la desolazione umana e la critica alla società contemporanea. Pur non essendo un road-movie come gli altri due titoli, anche quest’opera parla in qualche modo di un viaggio: quello verso la morte. La vicenda narra, infatti, di Paul, un uomo di mezza età che decide di salire su una montagna per suicidarsi buttandosi da un precipizio. Per raccontare tutto ciò, i due cineasti adottano un linguaggio estetico e narrativo estremo e a tratti estenuante. Lo svolgimento della trama è in tal caso minimo e si basa quasi esclusivamente sul vagare del protagonista e sul suo flusso di coscienza, che in voice over spiega in maniera talvolta “poetica” i motivi della propria volontà suicida: la malattia, la banalità della vita quotidiana, la solitudine e la convinzione di essere un peso per il sistema produttivo. Situazione psicologica che la regia sottolinea tramite alcune inquadrature iniziali che – quando Paul è al bar o in casa con la famiglia – riprendono solo il suo volto, lasciando così fuori campo quello di coloro che lo circondano, come se le altre figure fossero lontane e quasi estranee al personaggio, non tanto fisicamente quanto “mentalmente”. Ciò che dunque emerge dai monologhi interiori e dalle riprese iniziali è la descrizione di una condizione esistenziale desolante e una critica – velata ma presente – a un modello politico/sociale dove anche la vita umana viene pensata in termini di profitto e produzione. E se l’esistenza del singolo è spesso solitaria e deludente, l’umanità nel suo complesso è tendenzialmente insignificante, come sottolineano ancora una volta le scelte estetiche di Delephine e Kervern. Non è un caso che queste esaltino la debolezza dell’essere umano utilizzando spesso dei campi lunghissimi dove l’uomo – posizionato ai lati del quadro – risulta assolutamente marginale rispetto al paesaggio circostante, diventando così una parte poco visibile di esso. Il tutto in un film molto più concettuale che narrativo, dove la depressione di un singolo si fa metafora della generale condizione umana, grazie anche e soprattutto al linguaggio filmico adottato.
Near Death Experience [id., Francia 2014] REGIA Benoît Delephine, Gustave Kervern.
CAST Michel Houellebecq, Bertram Marius, Manon Cancé.
SCENEGGIATURA Benoît Delephine, Gustave Kervern. FOTOGRAFIA Hugues Poulain.
Drammatico, durata 87 minuti.