Il viaggio spazio-temporale d’un eroico indios
Brasile, 1500. Abeguar è un valoroso guerriero che sogna di diventare capo della tribù Tupinambán. Ma il fato ha in serbo altri piani: dopo aver assistito impotente allo sterminio degli indigeni, capisce di dover intraprendere una lotta non solo contro il dominio straniero del Brasile ma addirittura contro la supremazia mondiale di Anhangá.
Inizia così la sua solitaria e infinita ricerca del Bene e del suo unico vero amore, Janaína. Pur riuscendo agevolmente a imporsi come inno alla rivalutazione storiografica e alla libertà individuale e collettiva declinata sia in chiave passata che in quella futura, Rio 2096 non riesce a evitare di infondere contemporaneamente anche la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di già visto. In alcuni casi l’ispirazione scenografica è più facile da individuare (come per gli incontri tra gli innamorati o la prospettiva del volo del protagonista reso possibile grazie alle sembianze di volatile che ricordano rispettivamente Via col vento e Avatar) mentre in altri – vedi la scena dell’agguato perpetrato dalle forze speciali sui tetti dei grattacieli di Rio che si rifà ai simili duelli urbani di Entrapment – il termine di paragone è molto più celato. Persino la vicenda in sé, scaturita dalla passione per la storia e le tradizioni native del regista, sembra una trasposizione carioca della saga di Highlander, l’inimitabile immortale scozzese nato dalla creatività di Gregory Widen e poi divenuto leggenda grazie al tocco magico di Russell Mulcahy. Nonostante le numerose evidenti similitudini cinematografiche (a ognuno la libertà di definirli omaggi alla cinematografia pregressa o, più maliziosamente, suoi plagi), ciò che non deve assolutamente sfuggire è il desiderio di risvegliare la coscienza civile e sociale dei suoi giovani connazionali amplificando poi universalmente l’invito attraverso l’impareggiabile potere comunicativo della Settima Arte. Solo così si potrà giungere alla conclusione che Bolognesi ha volutamente optato di avvalersi dell’animazione non per carenza di budget ma perché essa consente maggiori libertà espressivo-narrative rispetto ai tradizionali film in live action. Qualcosa di imprescindibile se, come in questo specifico caso, la contestualizzazione del plot viene così ampiamente dilatata da coinvolgere epoche di cui gli spettatori non possiedono una reale esperienza fisica. Se poi si pensa che il regista ha già collaborato in Birdwatchers – La terra dlegli uomini rossi con Marco Bechis, il paladino della rivendicazione dell’identità culturale e territoriale degli indios brasiliani, allora il cerchio si chiude. Non stupisce quindi che quest’opera si sia meritatamente accaparrata la vittoria a Annecy e in molti prestigiosi altri festival internazionali.
Rio 2096 – Una storia d’amore e furia [Uma historia de Amor y Fúria, Brasile 2013] REGIA Luiz Bolognesi.
CAST (DOPPIATORI ORIGINALI) Selton Mello, Camila Pitanga, Rodrigo Santoro.
CAST (DOPPIATORI ITALIANI) Massimo Lodolo, Barbara De Bortoli, Franco Zucca.
SCENEGGIATURA Luiz Bolognesi. FOTOGRAFIA Anna Caiado. MUSICHE Rica Ambis, Tejo Ambasceno, Pupillo.
Animazione, durata 98 minuti.