SPECIALE CLINT EASTWOOD
Don’t leave me this way
Clint Eastwood, che registicamente deve molto più a Siegel – qui presente in una particina – che a Leone, debutta tardi dietro la mdp, già quarantunenne, con un singolare thriller psicologico, un ribaltamento completo del solito gioco psicologico tra stalker e vittima, qui invertiti di sesso.
Sorprende, dunque, vedere il duro Clint in grande difficoltà davanti alla follia di una stalker, Evelyn, che gradualmente dà segni di sempre maggiore squilibrio. Per lui è una storia da una botta e via, della serie “ti chiamo io”, ma Evelyn non la vede proprio così. Nella sua tipica paranoia settantesca – pensiamo alle atmosfere de La conversazione o al sottovalutato, cupissimo Blow Out dell’inizio del decennio successivo –, dopo le varie tappe del delirio criminale di Evelyn, il film si conclude con la tradizionale “resa dei conti” in casa, topos immancabile in mille thriller degli anni a venire. È il tema dell’invasione del proprio spazio, dell’intrusione nei confini da difendere, che il film sembra sviluppare e che, decenni dopo, con l’11 settembre 2001, si confermerà il sottotesto più ricorrente nelle storie raccontate dal cinema degli Stati Uniti. Aggiungiamo che, politicamente, Clint è sempre stato un individualista e comprendiamo, quindi, cosa gli sia piaciuto, probabilmente, della sceneggiatura di Jo Heims e Dean Riesner che, tra l’altro, nello stesso anno firmano anche Dirty Harry. Se l’Eastwood attore diventerà più apprezzabile da anziano, qui comunque regala almeno un paio di facce memorabili. L’Eastwood regista, invece, è già molto abile e sicuro al primo film, anche se mancano un po’ l’ambizione e la profondità dei capolavori della maturità. Nella scena d’amore tra David e Tobie, con tanto di bacio davanti al tramonto sul mare, si evidenziano due caratteristiche che accompagnano Eastwood per tutta la sua carriera da regista: il buon gusto per la musica – in questa scena priva di dialoghi ci fa ascoltare proprio tutta la bellissima The First Time Ever I Saw Your Face e gliene siamo grati – e l’intensità del romanticismo, che farà dei Ponti di Madison County un film indimenticabile. Difetti di sceneggiatura: le due macchiette di Birdie, la domestica nera spiritosa, e del gay J.J., ma il fascino dei film di Eastwood non è mai stato nella complessità. Il suo è un cinema privo di ambiguità o di esuberanza, che va dritto al sodo, come nel caso di molti grandi registi della Hollywood classica, di cui Eastwood è considerato, forse un po’ semplicisticamente, uno dei pochi continuatori, quando invece è soprattutto un uomo libero che non segue le mode, sa sempre come utilizzare la mdp e gira i suoi film come si faceva una volta.
Brivido nella notte [Play Misty for Me, USA 1971] REGIA Clint Eastwood.
CAST Clint Eastwood, Jessica Walter, Donna Mills, John Larch.
SCENEGGIATURA Jo Heims, Dean Riesner. FOTOGRAFIA Bruce Surtees. MUSICHE Dee Barton.
Thriller, durata 102 minuti.