SPECIALE CLINT EASTWOOD
Cowboy postmoderni
Per il suo The Expendables 3, Sylvester Stallone aveva contattato anche Clint Eastwood, per reclutarlo nel cast dei suoi “sacrificabili”. La richiesta non era priva di senso: Eastwood è un’icona dei film d’azione, dai western alla serie dell’ispettore Callahan, eppure l’attore californiano ha gentilmente rifiutato dicendo che preferisce occuparsi di regia.
Due cose sono evidenti da questo scambio. La prima è che, pur essendo stato un perfetto macho hollywoodiano, Eastwood è lontano mille miglia dal tipo di intrattenimento che propone la serie ideata da Sly. La seconda è che l’attore di Per un pugno di dollari è l’expendable originario: la prima tra le action star delle passate generazioni che ha iniziato a far film sulla propria anzianità. Clint ha compreso che le sue rughe non sono un problema ma una risorsa espressiva da utilizzare, prima con Million Dollar Baby, poi con Gran Torino. Da star si è trasformato in mentore, ma Clint è un mentore atipico: ha più scene dei suoi allievi (Hilary Swank prima, il giovane Bee Vang poi) e gli ruba la scena ogni volta che compare sullo schermo. Gran Torino è, forse, la riflessione più fulgida sulla sua carriera. Questo film racconta il canto del cigno di Walt Kowalski, un veterano della guerra di Corea che ora abita in un quartiere dove le comunità asiatiche e nere si scontrano ogni giorno. Lui è un repubblicano aspro e spigoloso, odia entrambe le minoranze in egual modo, ma si troverà a frequentare gli Hmong, una comunità di asiatici volenterosi di ringraziarlo dopo aver messo in fuga un gruppo di teppisti che erano sconfinati nel suo “territorio”. Kowalski vive come un reduce, la sua mente è rimasta ferma ai tempi della guerra e ai problemi risponde solo imbracciando il fucile per mettere paura a chi gli pesta i piedi. La vecchiaia ha indurito ancora di più il suo carattere, lui è un vero gunfighter dell’epoca moderna, del tutto anacronistico nella periferia di Detroit. Ma sono passati cinquant’anni dai giocosi western di Sergio Leone e nel frattempo c’è già stato il bellissimo e decadente Gli spietati che ha riflettuto e destrutturato il western (già postmoderno) all’italiana. Sappiamo bene che Walt dovrà cambiare i suoi modi di fare, è solo questione di tempo. I teppisti si vendicheranno picchiando Sue, una ragazza della comunità Hmong, e l’anziano reduce si troverà impelagato nella proverbiale spirale di violenza. È qui la differenza tra Gran Torino e un qualsiasi The Expendables: la riflessione sulla violenza è portata agli estremi. La situazione non può essere risolta a colpi di 44 Magnum. Qual è, quindi, la soluzione proposta da Clint? Non lo rivelo, basti dire che è estremamente sensata e soddisfacente.
Gran Torino [id., USA 2008] REGIA Clint Eastwood.
CAST Clint Eastwood, Christopher Carley, Bee Vang, Ahney Her, Geraldine Huges.
SCENEGGIATURA Nick Schenk. FOTOGRAFIA Tom Stern. MUSICHE Kyle Eastwood, Michael Stevens.
Drammatico, durata 116 minuti.