di Caparezza che recita “il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista”: se trasliamo questa frase in ambiente seriale potremmo continuare a confermare la sua veridicità.
In realtà, per Bates Motel l’abitudine di divagare e ricamare enormi ed inutili figure su dettagli inizialmente insignificanti era già iniziata a metà della prima stagione (la cintura sotto il letto, giusto per citarne uno). La seconda stagione della serie, usando un eufemismo, enfatizza questa abitudine e la rende la regola: di ogni oggetto o personaggio verrà fatto qualcosa di grande, tale da portare avanti la storia per almeno qualche puntata. E la storia del rapporto tra madre e figlio, dov’è finita? Sì, c’è anche quella che ogni tanto, con percorso carsico, si ripresenta agli spettatori, a tratti talmente distratti da tutto il resto che nemmeno si ricordavano qual era il nucleo narrativo da sviscerare inizialmente. Fotografia e cinematografia restano impeccabili, con uno stile che mantiene i suoi marchi di fabbrica, le sue tonalità buie e i suoi costumi atemporali. Il problema risiede proprio nella storia, la quale continua ad arrampicarsi sugli specchi per cercare di scovare qualcosa di lasciato non detto da poter approfondire. Perlomeno questa sembrerebbe essere stata la logica che ha spinto a puntare (quasi) tutte le proprie risorse sul passato di Norma, ma soprattutto sulle vicende al limite della legalità di Dylan che prendono il sopravvento per lunghe puntate. Inoltre l’empatia posta sulle disgrazie della famiglia rende la serie veramente difficile da digerire nei momenti in cui, per lunghi minuti che sembrano un po’ tutti uguali, assistiamo al pianto e alla disperazione dei protagonisti, Norma in primis. Lo sforzo produttivo di Bates Motel è senza dubbio apprezzabile per vari motivi: dall’omaggio cinematografico ad uno stile che regge il confronto con i suoi precedenti filmici. Però non si può puntare tutto sul dato estetico/visivo, soprattutto in un prodotto seriale, ed accantonare tutti quei dati che dovrebbero essere appigli narrativi, esche per gli spettatori e curiosità momentanee. Un po’ di leggerezza farebbe senz’altro bene a una serie come questa, che si dimostra in grande difficoltà ad affrontare qualunque ambito diegetico e produttivo senza gravità e profondità: in alcune occasioni, però, freschezza e spontaneità avrebbero a dir poco giovato alla serie.
Bates Motel [Id., USA 2013] IDEATORI Carlton Cuse, Kerry Ehrin, Anthony Cipriano.
CAST Freddie Highmore, Vera Farmiga, Max Thieriot, Nicola Petz, Olivia Cooke.
Drammatico, durata 42 minuti (episodio), stagioni 2.