SPECIALE FERMATI O MAMMA SPARA!
Psichiatria portami via
Il cinema americano ha già affrontato in film come Delitti senza castigo il tema dei problemi psichiatrici, ma Improvvisamente l’estate scorsa conta sul testo di partenza di Tennessee Williams e sulla regia dell’ottimo Joseph L. Mankiewicz, autore di un altro, splendido, confronto/scontro tra due donne, Eva contro Eva. Ciononostante, allo smaliziato spettatore contemporaneo, certe derive psicanalitiche, molto in voga all’epoca, possono risultare datate. Il film di Mankiewicz, comunque, è ancora molto godibile.
Basterebbe il cast composto da tre pezzi da novanta come Taylor, Hepburn e Clift, con quest’ultimo costretto a un ruolo da dottore impassibile, ma ugualmente efficace. E la Taylor, fotogenia pura, incapace di nascondere la propria bellezza persino nella parte iniziale, dove il suo personaggio, Catherine, è internato nella clinica psichiatrica St.Mary’s. Quando si trasferisce nel (relativamente) più liberale ospedale di stato Lions View, sotto le cure del dottor John Cukrowicz (Clift), può vestirsi e truccarsi come vuole e si immagina facilmente che il suo primissimo piano nella scena in cui viene sedata con un’iniezione, visto al cinema, sia stato un momento estetico indimenticabile per i cinefili dell’epoca. La Hepburn, invece, affronta da par suo la parte della terribile Violet Venable, la mamma che nessuno vorrebbe avere. Il lampo di follia che le illumina il volto, sin dal primo colloquio con Cukrowicz, fa paura, proprio come i momenti in cui interrompe, inaspettatamente, le frasi appena iniziate e il suo sguardo sembra perdersi nel vuoto. Da quando chiede a Cukrowicz di lobotomizzare la nipote Catherine, è lei il personaggio-motore dell’azione. Compare in scena su un bizzarro ascensore, allo stesso modo in cui ne esce, con le ombre – quante ce ne sono in questo pseudo-noir dal lieto fine! – che le oscurano il viso. Quando non parla del figlio Sebastian, morto in circostanze misteriose l’estate precedente, dopo aver visto “la faccia di Dio”, Violet si lancia in discorsi macabri e filosofeggianti sull’esistenza, ed è lì che la penna di Williams si fa sentire. Lo scrittore è anche la fonte da cui sono nati Un tram che si chiama desiderio di Kazan, con un altro bel personaggio di donna fragile psicologicamente, e La gatta sul tetto che scotta di Brooks, interpretato dalla Taylor l’anno prima del film di Mankiewicz. Morbide carrellate, piani sequenza, violini vagamente herrmanniani, barocchismi visivi ben dosati sono la cifra stilistica di questo film morboso e claustrofilo, quasi tutto in interni. Dalla Hollywood in transizione verso il moderno delle vagues, grazie anche ai film di Penn, viene il progenitore più stilizzato di molti film di Polanski.
Improvvisamente l’estate scorsa [Suddenly, Last Summer, USA 1959] REGIA Joseph L. Mankiewicz.
CAST Elizabeth Taylor, Katharine Hepburn, Montgomery Clift, Albert Dekker.
SCENEGGIATURA Gore Vidal, Tennessee Williams (tratta dall’omonima pièce di Tennessee Williams). FOTOGRAFIA Jack Hildyard. MUSICHE Malcolm Arnold, Buxton Orr.
Drammatico, durata 114 minuti.