SPECIALE MITOLOGIA POP
Bloody Mary
Il film più controverso di Gibson è degno di essere ricordato per qualche merito artistico e non solo per le inevitabili polemiche suscitate? Oppure è un film-evento ormai datato e trascurabile?
Gibson è un regista di talento, che sa sfruttare le potenzialità del mezzo e utilizzare abilmente il linguaggio cinematografico. Mai come in questo film l’ideologia teocon può far passare in secondo piano la potenza delle immagini. La passione di Cristo è davvero curato, tecnicamente, a partire dalle scelte fotografiche e registiche (soggettive, dettagli, ralenti, contrasti di luce…), e ha innegabili momenti suggestivi, che magari non riescono a convertire e indurre al pentimento noi atei, come di sicuro vorrebbe Gibson, ma suscitano ammirazione in chiunque sappia riconoscerne l’efficacia comunicativa. Il film è un lungo susseguirsi di oltraggi e violenze al corpo del protagonista, che ha un occhio pesto quasi dall’inizio, e si conclude con la breve scena della resurrezione, accompagnata dai tamburi della colonna sonora, tipici dei film d’azione contemporanei e dei loro trailer. L’effetto è quello di trasformare Gesù Cristo in una sorta di supereroe e ci si aspetterebbe quasi un sequel (The Revenge of the Christ?). Ironia a parte, per quanto Gibson cerchi di discostarsi dal cinema mainstream, per esempio nella scelta di ricostruire filologicamente il linguaggio parlato all’epoca dai personaggi, non vi riesce. Il che non è necessariamente un male, tranne per i cinefili snob che da sempre fanno dell’antiamericanismo una bandiera, considerando deprecabile tutto ciò che proviene da Hollywood e ritenendo la spettacolarità e il rispetto dei codici di genere, o di linguaggio, gravi difetti. Chi ha apprezzato Braveheart ne può ritrovare qui l’intensità, soprattutto nella scena dello scontro tra i soldati romani e i discepoli di Gesù. Da quel film e dalla sua scena finale, Gibson, figlio degli anni Ottanta e quindi del decennio dei corpi palestrati martoriati negli action movie, mutua anche l’estetica del dolore, che in The Passion è onnipresente. Numerosi i momenti horror: un braccio rotto, un corvo che becca il ladrone sul viso, sangue che scorre a fiumi, carne lacerata, sadismo esplicito, visioni sataniche inquietanti e gustose. E se si ride di più, per ovvi motivi, quando apre bocca la Bellucci-Maddalena, ci piace anche la leggerezza della vera scena comedy contenuta in uno dei tanti flashback, il meno didascalico: Gesù falegname che scherza con la madre è forse il contributo più originale di Gibson al rinnovamento di un personaggio a cui da sempre il cinema ha dedicato particolare attenzione, mettendolo al centro di un vero e proprio ricco sottogenere del filone epico-storico.
La passione di Cristo [The Passion of the Christ, USA 2004] REGIA Mel Gibson. CAST Jim Caviezel, Maia Morgenstern, Christo Jivkov, Monica Bellucci, Francesco De Vito. SCENEGGIATURA Benedict Fitzgerald, Mel Gibson. FOTOGRAFIA Caleb Deschanel. MUSICHE John Debney.
Drammatico/Storico, durata 127 minuti.