SPECIALE LARS VON TRIER
La passione di Bess
Sin dalla volontà, mostrata in principio dal regista, di chiamare il film Amor omnia – epitaffio che la protagonista di Gertrud voleva inciso sulla propria lapide – si dichiara il forte legame con Carl Dreyer, il grande maestro danese, cineasta tanto influente nella formazione registica di Lars von Trier.
Proprio con Le onde del destino si concretizza questo sentimento di stima e riconoscenza. Nell’indagine del volto di Bess e della sua espressività, nei suoi primissimi piani, riecheggia costantemente la Giovanna d’Arco dreyeriana, la cui passione diventa quella della protagonista, che guidata da un dialogo interiore con quello stesso Dio, consuma il suo dramma. Nella Scozia dei primi anni ’70, Bess decide di sposare lo straniero Jan, spinta da un amore dirompente che la porta a scontrarsi con la comunità fortemente puritana del villaggio. Ma l’idillio amoroso è rotto da un grave incidente che riduce l’uomo in fin di vita e costretto alla paralisi. Questi convince così la moglie ad avere rapporti sessuali con altri uomini, al fine di raccontarglieli, persuadendola che solo ciò potrà tenerlo in vita e segnando quindi il destino della giovane donna. Narrato in un prologo, sette capitoli e un epilogo, il quinto lungometraggio di Von Trier si pone in un punto cruciale della sua carriera, rappresentando un netto cambiamento rispetto alle pellicole fino ad allora girate. Risale infatti all’anno precedente, l’intento di dare voce ad un nuovo cinema col movimento Dogma 95 ed il suo “Voto di castità”, manifesto stilato assieme a Thomas Vinterberg e contenente i 10 dogmi da seguire. Nonostante Le onde del destino non rispetti coerentemente tutte le regole stabilite, in linea con la naturale indole contraddittoria del suo autore, di certo ne anticipa alcuni aspetti fondamentali, culminati poi nel successivo Idioti, simbolo della nuova corrente. Su tutti, l’utilizzo della camera a spalla, l’audio in presa diretta e l’utilizzo della luce naturale, elementi che assieme ad un montaggio del tutto libero da vincoli formali hanno attenuato e quasi cancellato lo sguardo vigile e controllato della cinepresa che caratterizzava i lavori precedenti, rendendo l’opera totalizzante, avvolgente, istintiva. Lo spettatore deve solo abbandonarsi al sentimento sprigionato da Bess e di cui la pellicola è pregna, come quelle due parole latine tanto bene avrebbero espresso, dato che l’amore qui è davvero dappertutto, costituendo in tal senso l’inaspettata e discussa novità nella filmografia del regista di Copenaghen. Le onde del destino è dunque un vero e proprio melodramma costruito su di un martirio, un atto di fede in nome di un amore assoluto e irrazionale, ma lontano dalla maniera classica, bensì narrato mediante uno stile documentaristico e scarno, che riesce a rendere veri anche i miracoli.
Le onde del destino [Breaking the Waves, Danimarca/Svezia/Francia/Paesi Bassi/Norvegia 1996] REGIA Lars von Trier.
CAST Emily Watson, Stellan Skarsgard, Katrin Cartlidge, Jean-Marc Barr, Adrian Rawlins.
SCENEGGIATURA Lars von Trier, Peter Asmussen, David Pirie. FOTOGRAFIA Robby Müller. MUSICHE Joachim Holbek.
Drammatico, durata 159 minuti.