Ghost Trip
Lungo il Cammino di Santiago può accadere di tutto. Anche imbattersi in due fantasmi con tanto di lenzuolo, ben decisi a riassumere vestigia mortali perché il limbo della non vita è più noioso di un palco vuoto.
Concepito come tributo al Sónar –Festival Internazionale di Musica Elettronica, Live Media e Arte Multimediale, Finisterrae, primo lungometraggio di Sergio Caballero, ha riscosso un insperato successo: coronato dalla vittoria del Tiger Award al Festival di Rotterdam, ha recentemente partecipato anche al Melbourne International Film Festival. La storia del viaggio spirituale da Barcellona, sede storica del Sónar, a Coruña, che dal 2010 lo ospita in contemporanea, è un percorso iniziatico verso la terra dei vivi, ironico e a tratti comico, eppure dotato di una sua particolarissima poesia. I due occhiuti viandanti, incongrue macchie immacolate vagolanti tra boschi e pianure, avanzano nella propria Wonderland con commovente determinazione, beandosi di incontri e sensazioni, sporcando di terra i bianchi lenzuoli, in un ritorno graduale alla materia e alla gioia stupita degli istinti. Li attendono le tappe cruciali dell’esistenza- dall’amore all’amicizia, dalla colpa alla religione – ma anche momenti di umana banalità, come la discussione intorno al fuoco “Vedi ancora il tuo psicologo?” o il commento ai video trash anni ’80, “Divertenti, ma i vestiti erano terribili”. Il progressivo recupero dei sensi, simboleggiato dagli occhi dipinti sulle mani, instilla in loro una neonata consapevolezza del mondo. Affascinati, si immergono in situazioni in bilico tra la fiaba e la parabola, ora piacevoli e inattese, ora traumatiche e spaventose, come l’ingresso nel “Bosco delle parole”, dove gli alberi hanno orecchie e l’aria risuona di slogan e frasi fatte, monito alla vacuità delle formule sociali.
Citando disinvoltamente La cicatrice intérieure di Philippe Garrel – anche l’oracolo che guida i fantasmi porta il suo nome – Finisterrae si rivela un film di insolita potenza visiva, grazie soprattutto alla felice sproporzione tra i goffi protagonisti e il paesaggio che li circonda. Non meno accattivante è la colonna sonora, capace di alternare il silenzio metafisico e i suoni della natura a Ghost Rider dei Suicide e ai brani di Nico, musa e amante dello stesso Garrel. Esperto conoscitore dell’immagine, peraltro co-direttore del Sónar, Caballero si avvale della maestria di Eduard Grau, già direttore della fotografia per A single man di Tom Ford (2009) e Buried di Rodrigo Cortés (2010), mentre il produttore, Luis Miñarro, ha dimostrato altrettanto intuito con Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (2010). Insieme, mettono a punto un road movie bizzarro e tuttavia riuscito, in cui si intrecciano diversi livelli di astrazione e l’esperienza delle cose terrene è strumento e fine al tempo stesso. Ne è l’emblema il cavallo che accompagna le due anime, di volta in volta presentato in fogge diverse, dal destriero in carne e ossa al ronzino di pezza, dal cavallo a dondolo alla sedia a rotelle, ma essenzialmente ancorato alla sua funzione di psicopompo. Al termine del viaggio, verrà bruciato sulla spiaggia, sulla riva dell’oceano, per celebrare il definitivo distacco dal passato e l’inizio di una nuova, anelata esistenza.
Disponibile in streaming su Mubi.com