SPECIALE ORIENTE A HOLLYWOOD
Death of a Nation
Ang Lee ha pestato i piedi al mondo benpensante e conservatore statunitense più volte lungo la sua carriera americana: Tempesta di ghiaccio e il crollo della famiglia perfetta, I segreti di Brokeback Mountain e l’amore tra due cowboys emblema del machismo e non da meno Motel Woodstock con la stigmatizzazione del mito di uno dei più grandi raduni rock di sempre.
Lee ha saputo trasportare il suo stile e la sua graffiante peculiarità autoriale al servizio di un mondo che ancora fatica ad affrontare tanti conflitti interni. Sempre con mano leggera ma allo stesso tempo acutamente incisiva, è riuscito ad entrare nelle grazie del popolo cinematografico americano –premio Oscar docet– colpendolo quasi a morte. Motel Woodstock è una commedia corale sui giorni del “concertone”, organizzazione smarrita e personaggi bizzarri compresi, una vicenda ambientata tra le beghe di una famiglia che gestisce un motel sull’orlo del fallimento. Lee parla di libertà sessuale, di multinazionali che soccombono sotto la potenza delle masse, della secolare influenza che il Dio denaro (il personaggio di Imelda Staunton) ha sul fragile sogno americano. Quel sogno americano che magari uno straniero potrebbe ancora bramare e in cui cerca di “entrare”, come il protagonista cerca di partecipare al concerto, ma che in realtà è fine a se stesso, seppellito da sogni ad occhi aperti. A Lee non interessa documentare, seppur romanzandolo, Woodstock, è consapevole che in molti hanno già contribuito a formarne il mito, ma studia le persone e i loro gesti. Le scelte degli individui hanno una potenza tale da modificare la Storia, se ci si dovesse solo far trasportare dagli eventi non ci sarebbero le eccezioni e non nascerebbero leggende. Motel Woodstock è stato considerato dalla maggior parte della critica un film minore di Lee, ma per tutto ciò che racconta è la classica pellicola che nascondendosi dietro la “semplicità” della commedia vuole raccontare altro. In quei giorni non ci sono stati solo i concerti, il fango e l’inevitabile simbologia politica- forse non ci serviva questo film per capirlo-, c’è stato sopratutto un contorno che è ancora poco conosciuto. I retroscena sono spesso più interessanti, Lee lo dice con un sentimento dolceamaro che sommariamente potrebbe sembrare realizzato con il freno tirato. Sui titoli di coda ci si rende conto che alle spalle si lascia una cronaca psichedelica, curatissima nei dettagli e nell’ottima fotografia, che coccola un racconto di formazione vintage senza scadere nei patetismi della più battagliera adolescenza. Un film che scivola via senza “impegnare” lo spettatore, ma che in ciò racchiude la sua potenza: un chiaro messaggio per l’America troppo spesso incapace di ammettere la propria vulnerabilità e dipinta come un colosso inespugnabile. Una semplice commedia insomma!
Motel Woodstock [Taking Woodstock, USA 2009] REGIA Ang Lee.
CAST Demetri Martin, Liev Schreiber, Eugene Levy, Imelda Staunton, Kevin Sussman, Paul Dano, Emile Hirsch.
SCENEGGIATURA James Schamus. FOTOGRAFIA Eric Gautier. MUSICHE Danny Elfman.
Commedia, durata 111 minuti