SPECIALE CINEMA DELLA SCHIAVITÙ
L’incredibile storia di uno schiavo profondamente libero
Solomon Northup, musicista nero con moglie e figli, è un uomo libero nello stato di New York e lo rivendica a gran voce quando viene rapito e reso schiavo nel profondo Sud.
Steve McQueen racconta la sua odissea nel suo nuovo film 12 anni schiavo, pluripremiato agli Oscar. La storia vera di Solomon è la naturale prosecuzione della filmografia insieme lirica e oscena di McQueen, che ha sempre posto al centro il corpo oltraggiato e degradato e la prigionia in tutte le sue forme. Prima in Hunger, poi in Shame, Michael Fassbender, attore feticcio, incarna la segregazione con fisico anoressico, “ridotto all’osso” di Bobby Sands e l’ossessione per il sesso, prigione del sé, di Brian, corpo scultoreo, desideroso di un coito appagante. Qui il cineasta “espone” il carcerato per antonomasia: lo schiavo. Mostra tutte le violenze patite da Solomon con attenzione crudele e perversa che turba e scuote, ci inchioda alla sedia con piani sequenza, momenti di massima tensione, spettacolarizzazione di un dramma senza via di uscita. Mentre lavora nelle piantagioni suona il violino; nell’attesa che l’ingiustizia finisca, distrugge se stesso, il suo essere Uomo. La dignità scivola via, come il sudore sulla pelle, le carni portano ferite difficili da rimarginare, le mani recano le stimmate della fatica e la soma diventa segno del suo calvario. Appeso come un animale con cappio al collo, annaspa, in punta di piedi, per sopravvivere, cercando aria per arrivare fino in fondo a ogni respiro, e ciò è mostrato in un infinito piano sequenza sconsolato e soffocante che sviscera il dolore di un uomo che si sta perdendo. Gli occhi e le carni di Chiwetel Ejiofor e Lupita Nyong’o (la schiava Patsey) raccontano ogni istante della loro disperata condizione, quelli di Fassbender (Edwin Epps) il tormento, la follia, il demoniaco che c’è in lui: uomo, padrone, dio sulle sue terre. Epps usa gli schiavi fino allo sfinimento: suo è Solomon e sua è anche la Venere Nera Patsey, di cui è pazzamente geloso. Restano negli occhi l’amplesso notturno violento e sadico, la fustigazione eccitata e concitata, in cui la schiena della “favorita” diventa macabro e dolente dipinto di una strage. McQueen si infila nell’America schiavista abbeverandosi alla sua brutalità e rende noi correi della schiavitù, della pochezza umana, facendoci soffrire le pene dell’inferno. Estremo e senza filtri, 12 anni schiavo è un affresco che violenta i nostri occhi, una canzone triste e struggente come quelle cantate nelle piantagioni, una rapsodia tanto atroce e disumana da diventare addirittura poetica.
12 anni schiavo [12 Years a Slave, USA/Gran Bretagna 2013] REGIA Steve McQueen.
CAST Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender, Lupita Nyong’o, Benedict Cumberbatch.
SCENEGGIATURA John Ridley (tratta dal romanzo autobiografico di Solomon Northup). FOTOGRAFIA Sean Bobbitt. MUSICHE Hans Zimmer.
Drammatico/Biografico, durata 134 minuti.