Buio in sala, black-out al cinema
È curioso che, nel weekend più avaro di uscite dell’anno, l’unica novità di venerdì 29 luglio sia un horror incentrato sul black-out di un cinema a Detroit.
Ed è altresì curioso considerare il destino di questo Vanishing on 7th Street, relegato a saldo di fine stagione buono per accalappiare un po’ di pubblico in cerca di disimpegnati brividi apocalittici. In effetti nella (misera) collezione balnear-cinematografica dell’estate 2011, tra blockbuster accatastati gli uni sugli altri che stanno impunemente “okkupando” le sale, filmetti pre-adolescenziali e hormonal-movies alla Bitch Slap, manca la consueta quota orrorifica. La miopia distributiva getta allora nella mischia l’ultimo sperimentale lavoro di Brad “uomo senza sonno” Anderson, e a ben pensare è meglio così, piuttosto dell’oblio del precedente – inedito in Italia – Transsiberian (2008). Come ha giustamente sottolineato il critico Federico Pontiggia nella sua recensione per cinematografo.it, l’ultimo lavoro dell’autore americano sembra il pilot di una (promettente) serie tv. Lo lasciano intendere la drammaturgia degli eventi, una regia di alto servizio televisivo e una forte sensazione di incompiutezza. Discutibile da un punto di vista filmico e di originalità di contenuti, Vanishing tuttavia resta il coerente prolungamento di una poetica, fondata su metafore visivamente malate di personaggi paranoici e deviati. All’alba del giorno successivo al black-out di cui sopra, per le strade restano solo mucchi di abiti vuoti e auto abbandonate, mentre ombre inquietanti progressivamente inghiottono la luce. Quattro sopravvissuti (gli unici?) si rifugiano in un bar, baluardo e insieme prigione dalla quale fuggire prima che sia troppo tardi. Ovvero prima che si spengano le ultime fonti luminose. La contrapposizione luminosità/buio fulcro della narrazione apre a diverse possibili interpretazioni: da quella esistenziale, nello scontro fra coscienza attiva e sonno della ragione, a quella squisitamente cinefila (si interrompe la proiezione di un film e gli spettatori spariscono: c’è vita oltre il Cinema?); fino al risvolto religioso della vicenda, quando il ragazzino protagonista capirà – accasciato sull’altare illuminato di una chiesa – di essere l’unico a poter sfidare gli abissi dell’oscurità malevola e seduttrice. Il buio può assumere per ognuno di noi un significato diverso, è lo stesso Anderson a ricordarlo: “L’oscurità in sé non è necessariamente spaventosa. Quello che può essere spaventoso è ciò che il buio nasconde. Se una cosa è avvolta dalle tenebre non possiamo descriverla”. Ed è proprio nel discorso sulle nostre incontrollabili paure ancestrali e primordiali che questa sparizione trova la sua unica ed essenziale ragion d’essere.
Vanishing on 7th Street [Id., USA 2010] REGIA Brad Anderson.
CAST Hayden Christensen, John Leguizamo, Thandie Newton, Jacob Latimore.
SCENEGGIATURA Anthony Jaswinski. FOTOGRAFIA Uta Briesewitz. MUSICHE Lucas Vidal.
Horror/Thriller, durata 92 minuti.