SPECIALE FILM DI NATALE
Che sensazione di leggera euforia
Spesso le pellicole rivolte alle famiglie e nello specifico ai bambini nascondo venature ed atmosfere che rasentano l’horror e rielaborano le tendenze del tempo, diventando per gli spettatori più giovani fonte di piccoli traumi: Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato è una di queste, nonostante sia ancora un classico del cinema natalizio.
Tratta dal libro omonimo del cinico Roald Dahl, la pellicola di Mel Stuart è un perfetto esempio di cinema seventy, lontano apparentemente dal fervore e dalla rivoluzione della New Hollywood, anche se ne è in qualche modo “fratellastro”. Con le dovute eccezioni, fin dalla trama che vede elevarsi l’umiltà e la rivalsa del povero Charlie, Willy Wonka si può accostare alla ribellione di quel tempo, che vedeva – tra le tante tematiche – la voglia di abbattere il capitalismo e di far emergere i deboli, attraverso lo svincolo dalle regole e/o attraverso azioni eversive. Una variazione che bene sposa la struttura alla “dieci piccoli indiani” in cui, invece di essere uccisi, i bambini entrati insieme a Charlie nella fabbrica di Wonka vengono eliminati per il loro comportamento errato. Viene premiata la curiosità poco invasiva e rispettosa, mentre l’ingordigia è punita con seria crudeltà: chiaramente siamo di fronte ad un film rivolto ai giovani, e quindi la morale di fondo è politicamente corretta e sdolcinata. Altro aspetto affine è l’atmosfera psichedelica e allucinogena che aleggia nel film, soprattutto nelle sequenze all’interno della fabbrica. Il mondo di Wonka è pop, iper-colorato, invaso da aiutanti – i mitici Umpa Lumpa – e dolciumi che alterano la realtà e da macchinari che deviano in vie, come per esempio la sequenza nel tunnel che personalmente ricorda i “viaggi” di Easy Rider. Il Wonka stesso di Gene Wilder è un personaggio che parla con frasi strampalate e ha uno sguardo allucinato che inquieta non poco, soprattutto un bambino che si appresta a vedere il film per la prima volta, lontano anni luce da quello esagerato di Depp nel brutto remake di Burton. Realismo e fantasia che si mescolano con i connotati del genere horror: un mix di artisticità e sperimentazione come nel coevo Pomi d’ottone e manici di scopa, insieme a Mary Poppins di qualche anno prima, entrambi capisaldi della commistione tra cartoon e live action. Willy Wonka è anche musical, altro genere setacciato durante la New Hollywood, sempre con momenti di pura follia e alterazione degna della miglior scuola americana. Dahl non rimase contento della trasposizione perché esaltava la figura di Wonka a discapito del loser vincitore Charlie: del resto l’intera produzione dello scrittore ha sempre patteggiato per il mondo dei giovani, veri rivoluzionari e combattenti in un mondo dominato dalle azioni ignobili degli adulti.
Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato [Willy Wonka & the Chocolate Factory, USA 1971] REGIA Mel Stuart. CAST Gene Wilder, Jack Albertson, Peter Ostrum, Roy Kinnear, Julie Dawn Cole. SCENEGGIATURA David Seltzer (tratta dal romanzo La fabbrica di cioccolato di Roald Dahl). FOTOGRAFIA Arthur Ibbetson. MUSICHE Anthony Newley. Fantastico/Musicale, durata 100 minuti.