Mentre tutte le riviste e le istituzioni cinematografiche redigono le proprie classifiche di fine anno, mentre cominciano a fioccare le candidature dei premi che ci porteranno agli Oscar, mentre per Sorrentino si sta profilando una meritata rivincita di fronte ai mugugni della critica, quale bilancio trarre dell’anno che si sta concludendo?
Il botteghino, lo sappiamo, rifiata, e se lo fa deve ringraziare soprattutto Zalone. Ovviamente si profila un 2014 pericoloso, perché – senza il film del beneamato pugliese – si potrebbe già immaginare un segno meno sui bilanci dei prossimi dodici mesi.
Un’altra cosa, però, è accaduta e l’abbiamo spesso messa in luce: il definitivo trionfo della multiprogrammazione. Il numero di eventi, balletti, concerti, documentari, cult, spettacoli teatrali, e altro ancora, trasmessi per uno o due giorni nelle sale durante la settimana ha quasi sempre sortito ottimi risultati. La tendenza aumenterà e non è un caso che il sottoscritto torni regolarmente a parlarne, anche negli ultimi editoriali. Una rivoluzione silenziosa, che da una parte apre spazi a produzioni di ogni tipo, anche indipendenti – a patto di avere una sala cittadina che li accolga o che sviluppi un progetto associativo, come Il Kino a Roma (che ora distribuisce e fa anche critica online), o il Kinodromo a Bologna o l’Ariston a Trieste, per citare i più popolari. Dall’altra, invece, rischia di finire in mano a speculatori e distributori senza scrupolo, che offrono contratti indecenti all’esercizio cinematografico e impongono prezzi assurdi. Perché mai si devono pagare 12 euro per vedere un documentario cotto e mangiato su Enzo Avitabile di Jonathan Demme, o per un pessimo documentario/concerto sui Doors? Per ora gli spettatori accorrono e sono convinti di pagare di più per motivi di prestigio dell’oggetto, ma cominciano i primi dubbi, e presto tutti mangeranno la foglia, col rischio di rovinare anche questa strategia, un po’ come il 3D – assai meno remunerativo oggi, a causa delle post-produzioni e delle ri-edizioni sciacallesche.
In ogni caso, il bicchiere è mezzo pieno, anche perché sta tornando la storia del cinema. Operazioni come Vogliamo vivere! di Lubtisch distribuito da Teodora (vera testa d’ariete) e il grande progetto “Cinema Ritrovato al Cinema” della Cineteca di Bologna riconciliano con la strampalata fruizione in sala di questi anni e ci ricordano ancora una volta la forza rituale del vedere film classici collettivamente.
Se dunque la cultura del film in sala fa sentire segnali di ripresa, tocca ora al web reagire. Mubi Italia è una bella novità di questi mesi, altri siti di streaming avanzano dopo i primi tentennamenti, la riorganizzazione di un player come MyMovies – tra gratuito e non – funziona, e si parla sempre più di un Netflix italiano (mentre Sky e Mediaset vanno verso una fusione tra catalogo on demand e palinsesto). Tutto il comparto pare dunque in crescita.
Rimane, per il 2014, una domanda: chi avrà il tempo di vedere tutta questa roba? E per i critici (vale anche per Mediacritica): riusciremo a (re)censire il mondo intero?