Va bene, lo ammetto: sono una fan delle saghe, e non solo. Tutto è iniziato quando, a dieci anni, mi regalarono un libro, Harry Potter e la pietra filosofale. Riga dopo riga, capitolo dopo capitolo venni catapultata in una Hogwarts magica, dove bastava sfogliare le pagine di un romanzo per ritrovarmi in un altro mondo, solo mio, capace di farmi entrare in una bolla da cui poi era difficile uscirne.
Sono letteralmente cresciuta con Harry, Ron ed Hermione al mio fianco, ricordo ancora adesso le notti passate in bianco a leggere le nuove avventure del maghetto di Privet Drive o le corse al cinema per la prima proiezione ufficiale. E oggi, a distanza di quasi quindici anni, non ho perso quella voglia, quella “pazzia” di trovare conforto ed emozione in personaggi immaginari, ma così reali, da diventare indispensabili. Sono arrivati Edward e Bella in Twilight, i quattro fratelli Pevensie in Le cronache di Narnia, o gli ultimi Katniss e Peeta in Hunger Games. Ma cosa si nasconde dietro il successo planetario di queste saghe che fanno impazzire milioni di persone? Dal romanzo al film il passo è breve, ad incrementare ulteriormente la forza di questi eventi di massa. Il genere fantastico che li accomuna (vedi anche i recenti Beautiful Creatures, Shadowhunters) permette di immedesimarsi con maggior convinzione in storie che difficilmente potremmo vivere, tanto fantastiche quanto reali, ma sempre capaci di farci volare con la testa e con il cuore. Le emozioni si impossessano di noi a tal punto da non poterne più fare a meno, si ride e si piange, ma soprattutto si vive; i sentimenti dei protagonisti, le loro paure, i loro amori diventano anche nostri. Quante volte abbiamo temuto che un “Avada Kedavra” (la maledizione che non perdona) si abbattesse su un nostro “beniamino” o che Katniss potesse morire nell’arena. Si tratta semplicemente di un modo per evadere dalla realtà per qualche ora, di raggiungere il “meraviglioso” tramite immaginazione e speranza. Un po’ come il tifoso che ogni weekend segue la squadra del cuore in giro per l’Italia tralasciando tutto e tutti. A noi, al cinema come nei libri, succede questo: ci creiamo un mondo dove regna la magia di lottare insieme per qualcosa in cui crediamo. L’ultima conferma arriva con il successo di Hunger Games. La saga piace perché finalmente l’eroina è una ragazza normale, con le sue insicurezze, la sua umiltà, ma che non perde il coraggio di lottare, e non aspetta che il principe azzurro venga a salvarla. Ogni storia, ogni protagonista, insomma, ha qualcosa di diverso da offrirci e da regalarci. Ma allora sporge spontanea una domanda: è davvero Hollywood che necessita di queste saghe, o siamo noi che non possiamo vivere senza? In fondo ci emozioniamo così, scusate se è poco.