31° Torino Film Festival, 22-30 novembre 2013, Torino
Da Alfonsine all’utopia, e ritorno
Sauro Ravaglia è un barbiere e un comunista: le due identità si sono formate di pari passo, da ragazzo, nel dopoguerra, ad Alfonsine (RA), dove ci sono tanti barbieri e tutti sono comunisti.
Quando nell’agosto 1957 si presenta l’opportunità di viaggiare fino a Mosca per partecipare al Festival Mondiale della Gioventù Socialista, Sauro la coglie al volo – e a Mosca fino ad allora “c’erano andati Togliatti e i capi del Partito Comunista” soltanto – con gli amici cineamatori Profes ed Enzo e le loro tantissime bobine 8mm, che una volta tornati faranno il giro dei circoli romagnoli. Perché tutti vogliono vedere Mosca, il Mausoleo e la statua di Lenin; nessuno però vuol sentire il racconto dei dubbi e delle contraddizioni che invece si palesano di fronte ai tre testimoni. Il treno va a Mosca utilizza la memoria privata, quella delle parole di Sauro, in prima persona e al presente, e quella fisica della pellicola impressionata (recuperata da Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia), come filtro su un’atmosfera che ha segnato la nostra Storia. È sempre lo sguardo di Sauro che restituisce un’epoca e un ideale che accomunava tante realtà locali: un’utopia diffusa, sentita, la cui continuità con la vita quotidiana emerge dalle immagini ed è fotografata nell’espressione del narratore, quando riporta di un’“aria che si resprava” difficile da comunicare a chi non c’era. Un’aria che dà la sensazione di essere parte di un tutto, da Alfonsine a Mosca con le sue folle oceaniche coreografate, e che poi porterà Sauro nell’Algeria post-liberazione, a cercare quegli stessi ideali di uguaglianza e libertà; un’aria che in URSS scolorisce nel faccia a faccia con un’inimmaginata povertà, presagio della fine: l’utopia vacilla, le immagini si fanno oscure, luttuosi persino i fuochi d’artificio. La morte di Togliatti riporta Sauro a casa e sancisce il cambiamento definitivo di quell’aria. Ferrone e Manzolini realizzano un documentario sull’importanza cruciale dell’esperienza e dello sguardo personale come strumento da cui ripartire per raccontare la Storia: un’idea di cinema inscindibile da un’idea di memoria, che colpisce per originalità, forza visiva, consapevolezza.
Il treno va a Mosca [Italia 2013] REGIA Federico Ferrone, Michele Manzolini.
CAST Sauro Ravaglia.
SCENEGGIATURA Federico Ferrone, Michele Manzolini, Jaime P. Cousido, Denver Beattie. FOTOGRAFIA Andrea Vaccari, Marcello Dapporto, Enzo Pasi, Luigi Pattuelli, Sauro Ravaglia. MUSICHE Francesco Serra.
Documentario, durata 70 minuti.