Come un albero abbattuto
Inutile mentire, non tutto torna nell’ultimo film di Valeria Bruni Tedeschi, e durante la visione ricorre l’impressione di un’opera dagli intenti incerti e a tratti compiaciuta della propria autoreferenzialità.
In una confezione tipicamente medio-autoriale – sia chiaro, nella più elegante accezione francese – il film racconta un anno di vita di Louise, quarantatreenne di origini italiane che vive a Parigi ma spesso torna a Castagneto Po, dove la ricca famiglia, dal titolo decaduto, possiede uno splendido castello. Ad alimentare la prospettiva del declino sono la malattia del fratello, colpito dall’HIV, la solitudine sentimentale cui la sgangherata relazione con Nathan, più giovane di dieci e passa anni, tenta di mettere una pezza, e i debiti economici che affliggono la famiglia, costringendo la pazientissima e desolatissima madre a mettere all’asta i beni più cari. Le stagioni corrono e, mentre suo fratello lentamente si spegne, Louise investe le proprie energie nel tentativo di rimanere incinta, fallendo ancora: ha scelto anni prima di abbandonare il mestiere di attrice perché voleva cercare la vita, al di fuori del soffocante tran tran di tutti i giorni, ma la vita – la vita vera, sembra voler dire Valeria Bruni Tedeschi – si intreccia inevitabilmente con il non senso e la ripetitività del quotidiano, richiede cioè non una fuga, ma quel cambio di prospettiva sulla realtà che Louise fatica a mettere in atto. Questo disaccordo col mondo, pare evidente, ha anche a che fare con la totale mancanza di obiettivi e di lotta che la troppa ricchezza comporta, assecondando la noia di vivere e la frivolezza cui i personaggi a più riprese si abbandonano. Il risultato è un film dove anche le storie perdono consistenza e si increspano in un nulla di fatto, e questo, a dirla tutta, è il dato più interessante: l’intelligente montaggio di Anne Weil rende il film sfaldato e dispersivo, impedendo anche allo spettatore di mettere ordine, e non a caso l’immagine finale del film – quell’ippocastano malato abbattuto nel giardino del castello – suggerisce che il cambiamento può generarsi soltanto dalla presa di coscienza di una fine, da un taglio netto col passato, dal superamento. In questo quadro il film tenta di inserire, talvolta con successo, talaltra forzatamente, molti spunti comici che conferiscono alla storia un’atmosfera stralunata e malinconica, mascherando il sentimento di estrema sofferenza che scorre sottotraccia a tutta la vicenda. La regia della Bruni Tedeschi, lineare e narrativa, cova in sé – e speriamo volontariamente – il piglio dello smarrimento e del disordine, regalando tuttavia alcune immagini nitide e memorabili, a partire dalle quali è possibile riconoscere l’imperfetta onestà del suo ultimo film.
Un castello in Italia [Un château en Italie, Francia 2013] REGIA Valeria Bruni Tedeschi.
CAST Valeria Bruni Tedeschi, Filippo Timi, Louis Garrel, Marisa Borini, Xavier Beauvois.
SENEGGIATURA Valeria Bruni Tedeschi, Noémie Lvovsky, Agnès de Sacy. FOTOGRAFIA Jeanne Lapoirie.
Commedia, durata 104 minuti.