Buona la prima
Siamo con Tyrion, “The Imp”, “Halfman”, uno dei personaggi migliori della serie.
È in marcia con il fido Bronn nei boschi di Riverlands quando viene accerchiato dai selvaggi Stone Crows. Agli occhi del capo tribù Shagga, è solo un nano da uccidere o da far danzare per intrattenere i bambini. Tyrion, però, è imbattibile nell’arte retorica: riesce presto a trattare la sua liberazione e convince la tribù ad unirsi all’esercito del padre, nell’incombente battaglia contro gli Starks.
Gli uomini di Shagga si preparano alla guerra inneggiando al “mezzuomo”, costretto a combattere in prima linea con loro per essersi presentato ai selvaggi come valoroso guerriero. In realtà non lo è affatto, anche a causa della sua piccola stazza. Appena i nuovi alleati si muovono freneticamente contro il nemico, si ritrova travolto dalla folla, abbattuto da un pesante martello ancor prima che tutto abbia inizio. Lo rivedremo riprendere i sensi lentamente, trasportato su un carretto che sorvola un campo di battaglia insanguinato. “Sono vivo – dice a Bronn – abbiamo vinto? Come sono andati i nostri uomini della tribù?”.
La grande e attesa battaglia è già finita. Non la vedremo. Non ci sono teste tagliate (in questo caso) né Nani-guerrieri che, come ne Il Signore degli Anelli, si pavoneggiano contando le loro vittime. Nessuno dei combattimenti descritti nel libro di George R.R. Martin, ma un astuto taglio che fa risparmiare una decina di milioni di dollari alla produzione e ci evita la visione di inverosimili colpi di spada all’insegna dell’effetto speciale, abusati in questi casi come gli inseguimenti d’auto in tanti film d’azione. La battaglia è tutta sul volto di Bronn intento a ripulire la spada da sangue e brandelli. Gli risponde che è un pessimo guerriero e con un ironico batter di ciglia indica gli uomini della tribù… che sono andati bene e stanno ancora massacrando i superstiti.
I dubbi principali nel portare sul grande schermo i romanzi di Martin erano l’eccessiva violenza, le scene di sesso (di cui Tyrion è spesso protagonista) e la storia, troppo lunga per essere condensata in un unico film. L’HBO ha sia il merito di trovare ottime soluzioni a questi “problemi” sia quello di presentare l’epico mondo di Westeros attraverso straordinarie scenografie e personaggi di spessore. La violenza è ben dosata, filmata senza indugi quando funzionale alla trama, omessa quando non indispensabile. Il sesso esplicito rende più intriganti i protagonisti e i loro legami, ma non vuole furbescamente attrarre l’attenzione dello spettatore a discapito della storia (si pensi al contrario a Spartacus, la serie tv).
A giudicare dalla prima stagione Game of Thrones aggiunge qualcosa di nuovo rispetto a quanto visto di recente ne I pilastri della Terra, Merlin, Camelot, La spada della verità e la sensazione è che abbia ancora tanto da raccontare. I romanzi di Martin garantiscono uno sviluppo narrativo solido e coerente, un punto di forza importante che è mancato a tante serie costrette ad improvvisare nuovi espedienti quando era assente un’idea d’insieme che potesse reggere un numero non programmato di stagioni (Lost ad esempio). Da ciò viene fuori una buona dose di realismo che compensa una trasposizione televisiva per il resto tradizionale, dove soprattutto la recitazione soffre momenti da soap opera, come accade nella magior parte dei prodotti seriali americani a cui siamo abituati.