La tensione balla sulle note dei Tangerine Dream
La Mostra del Cinema di Venezia festeggia il settantesimo numero tondo con un omaggio ai cosiddetti film “classici”, ossia “film ingiustamente dimenticati o da tempo non più visibili” (così cita la Biennale). Ad aprire le danze della sezione è l’opera più personale e maggiormente incompresa del Leone alla Carriera di quest’anno, William Friedkin, Il salario della paura.
Dopo essersi brillantemente fatto conoscere al pubblico internazionale quale “regista del male”, l’autore di origine ebraica torna in scena con un secondo (il primo fu di Henri-Georges Clouzot) adattamento del romanzo di Georges Arnaud, l’omonimo Il salario della paura. È il 1977 e Friedkin deve fare i conti con la consacrazione acquisita grazie ai capolavori-specchi dei generi dei quali è maestro indiscusso, il poliziesco Il braccio violento della legge e l’horror L’esorcista, che diedero una sferzata d’innovazione alla cosiddetta New Hollywood. Il film può essere suddiviso in due parti. La prima narra le disavventure dei quattro protagonisti, quella messicana dell’assassinio perpetrato da Nilo, quella israeliana dello scampato arresto di Kassem, quella parigina e truffaldina di Victor e infine quella americana-mafiosa di Jackie (un sublime Roy Scheider). Quattro disparati luoghi nel mondo, quattro disperati con un solo elemento in comune: la fuga. Luogo prediletto da tutti per una sommessa latitanza è Porvenir, un villaggetto del Sud America. Fino a qui, la pellicola presenta una discreta narrazione, seppur già introduttrice alle doti registiche del cineasta: montaggio sagace, ritratto urbano crudo, personaggi anti-etici e uno straordinario uso della suspense. Ma è grazie alla seconda parte che essa si eleva a capolavoro di magistrale tensione, accompagnata perfettamente dalle pazzesche e da nomination all’Oscar (quattro, una per ciascun esecutore) musiche dei Tangerine Dream. Per sopravvivere alla fame e per scongiurare l’espulsione, i quattro si lanciano (Nilo si inserisce “prepotentemente”) in una missione-suicidio, ovvero guidare un paio di camion contenenti nitroglicerina al fine di spostarla in un luogo più sicuro. Peccato che di sicuro nel paesaggio sudamericano ci sia molto poco. Così gli sbandati si trovano costretti ad attraversare fango e instabili ponti, a far saltare ostacoli e ad affrontare burroni, con un unico scopo: portare a casa la pelle. E a noi di pelle rimane solo quella “d’oca”.
Il salario della paura [Sorcerer, USA 1977] REGIA William Friedkin.
CAST Francisco Rabal, Roy Scheider, Bruno Cremer, Amidou.
SCENEGGIATURA Georges Arnaud, Walon Green. FOTOGRAFIA Dick Bush, John M. Stephens. MUSICHE Tangerine Dream.
Drammatico, durata 122 minuti.