Remembering Michel
Per gli amanti del jazz, Michel Petrucciani non ha bisogno di presentazioni. Per tutti gli altri, si suole evocare la leggenda straordinaria del pianista affetto da osteogenesi imperfetta, il musicista dalle ossa di cristallo e dal talento inaudito, con la volontà di un gigante nel corpo alto un metro. Si dimentica un dettaglio, però. Era simpaticissimo.
Con Michel Petrucciani – Body & Soul, Michael Radford tralascia il mito per cercare l’uomo. Alla storia eccezionale del pianista francese ci si avvicina incuriositi, sedotti senza colpa da una miscela sordida di ascolto sublime e inconscio voyeurismo. La stessa fame, degli occhi e dell’anima, che Michel ammette tranquillamente nel suo pubblico, fin dagli esordi da enfant prodige davanti agli ospiti del padre jazzista. Ma c’è qualcosa, in Michel, che lascia interdetti ancor prima che sfiori il piano: la vena comica, inedita e dissacrante, l’irresistibile (auto)ironia che improvvisamente rende quel corpo anomalo non soltanto naturale ma dotato di una sua insolita e intrinseca bellezza, di una presenza scenica del tutto eccezionale. È, questa, una capacità inspiegabile che il documentario di Radford asseconda senza ingigantire, concedendo ben poco al fascino acritico della celebrazione. Bastano le immagini, le registrazioni, i materiali d’archivio originali. Petrucciani riempie lo schermo con la complessa leggerezza tipica del jazz, quella vitalità irriducibile e libertina che lo accompagna anche quando non suona. E se il racconto prende la mano, esaltando un ricordo, magnificando un incontro, ecco che, subito, qualcuno smentisce, ridendo di gusto, perché, avvertono, “Mickey raccontava un mucchio di storie”. Dalla Francia alla California, Da New York a Parigi, il suo talento ha sbalordito intere platee, unito a quello di artisti come Charles Lloyd o Dizzy Gillespie. Tuttavia, nel film di Radford, il jazz è un incanto che resta latente, una suggestione che si fa prodigio tra le mani impazzite di Michel, nell’energia impossibile delle sue dita, rapide e mobili come ali di colibrì. Allora il pianoforte diviene specchio ed estensione della sua verve, cassa di risonanza della vita interiore, profonda e accelerata al tempo stesso. Si ferma soltanto nel ricordo della sua morte, poi riprende, imbattuta, come tutte le cose immortali. Con uno sguardo onesto e disincantato, e proprio per questo più coinvolgente, Redford ritrova l’essenza di Michel nelle parole delle sue donne e dei suoi amici più cari, di coloro a cui ha preso e donato, che ha amato e ferito senza mezze misure. Nonostante il titolo-omaggio a Coleman Hawkins, Body & Soul non è affatto un tributo per pochi. È una gustosa lezione di vita. Affabile come Michel, sincera come il jazz.
Michel Petrucciani – Body & Soul [Id., Francia/Germania/Italia 2011] REGIA Michael Radford.
SOGGETTO Michael Radford. FOTOGRAFIA Sophie Maintigneux. MONTAGGIO Yves Deschamps.
Documentario, durata 102 minuti.