G8 DI GENOVA, PER NON DIMENTICARE
Quel cinema che abita la Storia
C’è qualcosa di molto delicato dietro la scelta di raccontare al cinema i fatti drammatici del massacro alla scuola Diaz, episodio emblematico per comprendere l’esperienza genovese del G8 2001 e più in generale la deriva reazionaria di questo paese, il pericolo più che reale della sua violenza latente.
E’ certamente molto complesso farne un film perché la verità degli eventi fu immediatamente oggetto di manipolazioni e fraintendimenti, e perché, per forza di cose, l’operazione richiede l’adozione di un punto di vista, di un’angolazione cui consegnare il racconto, che spesso allontana lo spettatore dall’obiettività che merita per nutrire la propria opinione. Ma la vera difficoltà sta nel riuscire a restituire i fatti senza congelarli nel passato, cristallizzandoli cioè nella forma accomodante dell’indignazione a posteriori. Accadde quando andai a vedere il film di Daniele Vicari, e la stessa fila di persone che entrava vivace in sala usciva, capo chino e pugni serrati, fuori dal cinema. Mi domandai cosa si stava consumando in quell’istante, e la risposta – personale, come questa recensione – fu che certo cinema, a dispetto delle più nobili intenzioni, porta con sé una componente mediatica inquietante e sottile, e i media, si sa, amano il cittadino indignato e impotente, mentre la memoria deve nutrirci di continuo slancio e coraggio, di continuo movimento. La stessa sera un’amica documentarista condivise un dolore affine: alla prima milanese Vicari aveva scomodato le poetiche di Bresson e Rosi (troppo morti per dissentire) e qualcuno del pubblico aveva esclamato che, adesso che esisteva il suo film, esisteva anche la Diaz. Come se per esistere i campi di concentramento ci fosse stato bisogno di Schindler’s List. Guardai Black Block di Carlo Bachschmidt l’anno dopo, quasi per caso: lo trovai un film meno stratificato, forse, ma più giusto e utile a comprendere, perché nella sua restituzione modesta, con quelle interviste da documentario improvvisato, il racconto mi parve molto più trasgressivo e intenso. Sinestetico, visto che il dolore delle urla e delle botte viene restituito attraverso le voci e la fissità dei primi piani di pochi protagonisti diretti. E in meno di un’ora e mezzo, liberi dagli schemi spettacolari dell’action e con pochissime immagini di repertorio, potevamo percepire il terrore vibrante di chi ancora porta addosso il ricordo del massacro dentro la scuola, senza per questo aver interrotto la propria lotta. Il film parve integro anche quando sfidava il reale con la finzione, perché legava il presente al passato, abitava la Storia, nasceva esattamente nel momento in cui la polizia faceva irruzione, e alzava il manganello.
Black Block [Italia 2011] REGIA Carlo Augusto Bachschmidt.
CAST Ulrich Reichel, Niels Martensen, Mina Zapatero, Michael Gieser, Lena Zuhlke.
SENEGGIATURA Carlo Augusto Bachschmidt. FOTOGRAFIA Stefano Barabino, Harald Erschbaumer. MUSICHE Francesco Cerasi.
Documentario, durata 76 minuti.