It’s all about family
E’ uscito anche in Italia il primo episodio della miniserie prodotta da Joel Surnow (uno dei creatori di 24) e scritta da Stephen Kronish (già uno degli autori di 24). Dopo le polemiche affaccendatesi sulla presunta versione di parte “repubblicana” della storia dell’ascesa e caduta dei Kennedy, la realtà l’ha smentita.
Non si può dire che di questa famiglia aristocratica di origine irlandese e cattolicissima ne esca un quadro spiazzante, piuttosto una versione umana e intima. Di famiglia appunto. La miniserie è giocata su un racconto non lineare, ma in processione cronologica interrotta da continui flashback nel passato più o meno recente, in cui si inseriscono immagini di repertorio tratte dalla Tv, finte riprese copiate dalla Tv, finti filmini copiati dai super8 di famiglia. Si parte dall’ultimo giorno delle votazioni in America per l’elezione del neopresidente. É la sera in cui JFK (interpretato da Greg Kinnear) festeggerà l’agognata vittoria. Agognata, perché? Ed eccoci a ripercorrere il tempo all’indietro, quando Joe Kennedy Sr. (Tom Wilkinson) era ambasciatore in Inghilterra. Là fece scalpore la sua posizione favorevole alla neutralità degli Stati Uniti nel II conflitto mondiale. La sua posizione voleva significare: essere “favorevoli” a Hitler. Il ritratto di Joe Sr. è quello di un uomo ambizioso e severo, spesso senza scrupoli, ma con un preciso scopo nella vita: che un Kennedy diventi presidente. Data la sua condotta poco “neutrale” riverserà i sogni sui figli: il primo è Joe, che però usa la sua ambizione per guadagnarsi un immeritata fine. Quindi gli resta il secondo, John Fitzgerald Kennedy: donnaiolo, altruista e pure democratico. Con l’aiuto del figlio minore Bobby (Barry Pepper), che conduce la campagna elettorale di Jack. Alla fine la famiglia di JFK, Jaqueline Kennedy (Katie Holmes con un figlio finto dentro al pancione) e figlia, entrerà nella “White House”. Insomma, il ritratto della famiglia perfetta: uno bello ed un po’ malaticcio (Kennedy era affetto sia da osteoporosi che da una rara sindrome), l’altra inamidata con la voce sempre contenuta. La prima puntata è intitolata con un verso di Montaigne “l’ambizione non è un vizio per gente da poco conto”. No, i Kennedy non sono gente di poco conto. Si capisce subito che l’ambizione del padre è tutto, ed i figli ascoltano, obbediscono, ma poi si fanno prendere la mano, perché pare che questo loro Paese lo amino davvero. Ma sono anche esseri umani, con tutti i loro difetti. Innanzitutto non sono fedeli, e le mogli zitte a soffrire, o quasi. Si drogano per rimediare alla frenesia o al dolore, si lasciano trasportare dal dovere, e finiscono a volte per non sapere più ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Una cosa è certa: la dinastia dei Kennedy ha cambiato l’America, o forse l’America è cambiata con la dinastia dei Kennedy.
The Kennedys [id., USA, 2010] IDEATORI Joel Surnow e Stephen Kronish.
CAST Greg Kinnear, Tom Wilkinson, Katie Holmes, Barry Pepper.
Drammatico, durata 50 minuti (episodio), mini-serie 8 puntate.