16 MAGGIO: OMAGGIO A MARIO MONICELLI
“Tutto nel mondo è una burla”
“Di nuovo le stelle. Come ho visto la notte scorsa e tante altre notti. Notti, giorni, amori, avvenimenti. Ho già sulle spalle un bel fardello di cose passate. E quelle future? Che sia per questo, per non sentire il peso di tutto questo che continuo a non prender nulla sul serio?”: così il Perozzi/Philippe Noiret analizza l’esistenza.
Notte, giorni, amori, non prender nulla sul serio: è così che Mario Monicelli infarcisce Amici miei, un misto di struggimento e ironia, prendendo seriamente il gioco e sminuendo problemi, dolore, lacrime. Le “zingarate” del Perozzi, del conte Mascetti/Tognazzi, del Necchi/Del Prete, del Melandri/Moschin e del Sassaroli/Celi sono il punto centrale del film. I personaggi, con tic, nevrosi e vuoti, ci hanno accompagnato negli anni, intenerendoci e diventando parte del nostro bagaglio d’immagini e emozioni: la sequenza della stazione, la “supercazzola”, i canti goliardici. C’è qualcosa di mortifero in Amici miei: fin dall’inizio, la pellicola è all’insegna della morte, quella di Pietro Germi – deceduto il giorno in cui incominciano le riprese – che lascia tutto nelle mani di Monicelli. Sarà la temperie culturale italica: mentre dentro ai cinema si rideva, fuori, nelle strade, nelle piazze, si vivevano i terribili anni ’70. Sarà la morte di Monicelli, violenta e consapevole ad aggiungere malinconia e tristezza alla risata beffarda che percorre tutto il film. Il regista esorcizza con il riso tutti i dolori, diegetici ed extradiegetici. Gli amici miei sono spavaldi, malinconici, allontanano denaro, amore, Dio, per divertirsi e ridere, perchè hanno un vuoto di credo. Sono cattivi, malvagi addirittura, sembrano non aver rispetto per niente e nessuno, beffati dagli ideali tipici dell’italianità. La cattiveria sembra l’ultima possibilità per vivere, missione “vitale” per non perdersi in quel mare di nulla. Monicelli si prende gioco dei suoi personaggi e di noi, con quell’atroce senso del ridicolo e della beffa che l’ha sempre contraddistinto, lasciandoci immersi in un’atmosfera crepuscolare e malinconica. “Il bello della zingarata – come quello di Amici miei – è proprio questo” ed entra tra le pieghe della tua esistenza, i protagonisti ti conquistano, diventando qualcosa per te. Ripensando a quando e a come Monicelli se ne è andato, tornano in mente le parole del Perozzi, che risuonano come testamento ante mortem: “però è stata una bella giornata: bella, libera, stupida. Chissà quando ne capiterà un’altra”.
Amici miei [Italia 1975] REGIA Mario Monicelli.
CAST Ugo Tognazzi, Gastone Moschin, Philippe Noiret, Duilio Del Prete, Adolfo Celi.
SCENEGGIATURA Pietro Germi, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernard, Tullio Pinelli. FOTOGRAFIA Luigi Kuvillier. MUSICHE Carlo Rustichelli.
Commedia, durata 140 minuti.