Les amours imaginaires
“Bang bang! Io sparo a te Bang bang! Tu spari a me Bang bang! E vincerà Bang bang! Chi al cuore colpirà”
Les amours imaginaires, secondo lungometraggio scritto, diretto e interpretato da Xavier Dolan, enfant prodige del cinema franco-canadese (classe 1989!), dopo essere stato presentato nel 2010 al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, dove ha vinto il premio Regards Jeunes, ha inaugurato la 25° edizione del Festival Mix Milano.Francis (Xavier Dolan), look anni ’80 e ciuffo alla James Dean, e Marie (Mona Choukri), sofisticata ed elegante, tutta fili di perle, tubini e foulard in stile Audrey Hepburn, o “casalinga anni ’50” come la apostrofa una ragazzetta troppo dozzinale per comprendere e apprezzare il suo stile vintage, sono amici. Quando conoscono a una festa Nicolas (Nils Schneider), bellezza angelica e delicata dai boccoli biondi e i grandi occhi verdi, se ne innamorano entrambi perdutamente e cercheranno in tutti i modi di conquistarlo, lanciandosi in una competizione senza esclusione di colpi. Da parte sua, Nicolas li seduce con improvvisi slanci d’affetto, flirta con entrambi attraverso gli sguardi, i non detti e le mezze parole, li stuzzica, li provoca ma non si espone mai davvero, non dimostra una chiara preferenza nei confronti dell’uno piuttosto che dall’altra. Dopo il folgorante film d’esordio J’ai tué ma mère, vincitore di tre premi al Festival di Cannes nel 2009, Xavier Dolan affronta con talento e originalità un tema piuttosto abusato come il triangolo amoroso à la Jules e Jim. Francis e Marie sognano, desiderano, venerano Nicolas, gli lasciano messaggi sulla segreteria telefonica, gli inviano per posta poesie battute a macchina e sigillate con la cera lacca ma, a differenza dei protagonisti del celeberrimo film di Truffaut o dei dreamers di Bertolucci, non riescono a consumare il loro amore, destinato a rimanere solo immaginario. Il susseguirsi di dialoghi acuti, brillanti e sarcastici smorzano il contenuto drammatico, amaro e malinconico del film. Dolan ha gusto e stile per le immagini, i dettagli, siano essi corpi, oggetti, abiti, architetture o paesaggi. Crea interessanti contrappunti musicali ed emotivi usando con intelligenza e consapevolezza una colonna sonora che spazia da Bang Bang di Dalida, vero e proprio leitmotiv/tormentone del film, al meglio della musica elettropop, hip hop e indie rock europea degli ultimi anni (Vive la Fête, The Knife, Fever Ray, House of Pain, Comet Gain), passando per la melodie di Bach e Wagner. La struttura narrativa alterna alle vicessitudini dei protagonisti gustose videoconfessioni in cui ragazzi e ragazze si raccontano e parlano di amori finiti o di amori fortemente desiderati ma mai vissuti, altri amori immaginari per l’appunto. Dolan dilata spesso l’azione e il tempo con il ralenti, sottolineando così le estenuanti e infinite attese che Francis e Marie vivono nella speranza di un bacio, una carezza o un segnale di Nicolas, i preparativi meticolosi e quasi solenni che precedono i loro incontri, i momenti di intimità mancata e di sesso occasionale che hanno con persone di cui non sono realmente innamorati, né tanto meno interessati. Perché alla fine “non è tanto una questione di scopate”, l’importante è trovare qualcuno con cui scaldarsi quando inizia a fare freddo e bisogna accendere il riscaldamento, non dover più apporre l’ennesimo segno sul muro del bagno perché si è stati respinti ancora una volta, “l’importante è svegliarsi insieme a qualcuno. È dormire a cucchiaio. È questa la cosa importante, il cucchiaio”.