2011: Elegia della Vita
Difficile, se non impossibile, descrivere a parole The Tree of Life. Il quinto film scritto e diretto da Terrence Malick è infatti un’esperienza visiva, sensoriale ed emozionale di rara potenza, splendore e lirismo.
Volendo a tutti i costi ridurre all’osso la ricchezza di un simile capolavoro ed estrarne una scarna sinossi si potrebbe dire che racconta la storia della famiglia O’Brien, vissuta nel Midwest degli anni ’50, attraverso lo sguardo e i ricordi del figlio maggiore Jack (Sean Penn). Architetto di successo, Jack si sente intrappolato e perduto nel mondo moderno e urbano, fatto di grattacieli di vetro e d’acciaio, abitazioni dal design asettico e minimalista, profondamente diverso dall’ambiente e dalla casa in cui è cresciuto. Inizia così a ripercorrere il proprio passato, il rapporto conflittuale con il padre severo e normativo (Brad Pitt), l’amore avvolgente e pieno di grazia della madre (Jessica Chastain, sublime apparizione/rivelazione, bellezza dai colori e lineamenti preraffaellita), la progressiva perdita dell’innocenza, il lutto doloroso e insostenibile per la morte del fratello minore.
Ovviamente The Tree of Life è molto più di questo. È una poesia fatta di immagini e suoni, una preghiera a Dio e all’Universo, una riflessione filosofica, mistica e spirituale sugli affetti famigliari, la natura e il senso profondo dell’esistenza. Le domande poste, per quanto intime e universali siano, da sole non bastano, devono giustamente e necessariamente essere accompagnate dalle immagini e così Malick spiazza ancora una volta inserendo, a sorpresa, una lunga e straordinaria sequenza che ricostruisce l’origine dell’Universo e la nascita della Terra, la comparsa delle prime forme di vita cellulare e dei dinosauri, fino all’arrivo dell’asteroide che ne ha causato l’estinzione. Microcosmo e macrocosmo, realismo e astrattismo epico si fondono tra loro in un susseguirsi di musiche, immagini e suoni, a metà tra documentarismo e video arte, che lasciano letteralmente senza fiato. Un omaggio/richiamo a 2001: Odissea nello spazio (Malick ha lavorato a stretto contatto con Douglas Trumbull, già responsabile degli effetti visivi del film di Stanley Kubrick) indubbiamente molto ambizioso ma forse solo un talento visionario come Malick poteva avere il coraggio per osare fino a tal punto, riuscendo a centrare l’obiettivo. Con l’armonia di una sinfonia musicale è infatti riuscito a legare insieme scienza e fede, la teoria del Big Bang, l’evoluzionismo darwiniano con le immagini estatiche e paradisiache di un aldilà immaginifico.
Cinema della contemplazione e dell’adorazione in cui ogni sequenza, anche la più astratta, finisce per assumere un senso profondo, universale, toccante. Un vertiginoso magma pulsante di suggestioni, sentimenti, riflessioni, quesiti, musiche, immagini e suoni che vorremmo non finissero mai.