SPECIALE INEDITI
“Mon frère, ça c’est du respect”
A prima vista la trama di La Pirogue si occupa di uno dei principali temi socio-politici attuali: il viaggio della speranza da un deserto economico (il Senegal) verso un Eldorado (la Spagna e l’Europa) cristallizzato in un’età dell’oro. E da questo punto di vista il film ci fa presente la necessità di relativizzare la nostra posizione di Paese “vittima” del fenomeno: l’Italia non è mai nominata nei progetti dei clandestini.
Qui però il tema diventa lo spunto per una riflessione sociale interna alla comunità e agli stereotipi che subisce. L’illusione del benessere del mondo occidentale attira soprattutto i ragazzi e coloro ormai traviati dal desiderio economico, pronti a negare la propria identità per imitare il mondo “civile”. Vediamo entrare in campo allora espressioni anglofone, sullo sfondo di una ben più profonda contrapposizione e mistura di lingue. I giovani occidentalizzati non riescono a capire gli uomini più anziani che usano l’arabo e il credo religioso come principale mezzo di comunicazione e l’abbraccio tra i portavoce delle due fazioni sarà permesso solo da un riconoscimento umano, quando il ragazzo dimostrerà la sua nobiltà d’animo e così la distanza dall’avido capitano della nave. Si contrappongono due generazioni e ci sorprende scoprire nei litigi familiari una retorica ritenuta tutta occidentale. Le frasi “Tu non sei mio padre” o “Tu non puoi capire” risuonano di un’ottica nostrana, che non dovremmo meravigliarci di attribuire a personaggi vestiti con lunghe tuniche anziché con jeans e maglietta. Il nostro filtro culturale si dimostra miope compattando la varietà di linguaggi e modi di vivere sotto un unico tetto etnico. Il fatto che gruppi sociali diversi riescano a convivere in maniera civile, addirittura in simbiosi, dovrebbe farci capire quanto poco siamo capaci di vedere in profondità ciò che guardiamo. Problematiche “borghesi” della middle class europea trasposte nel Senegal emigrante, confronto fra giovani e anziani, lingue e religioni rielaborate dalla convivenza: tutti elementi che si ritrovano uniti da un comune modo di intendere l’humanitas. Lo stile appare poco curato ed elegante: non si preoccupa di un montaggio poco pulito o dei microfoni che entrano in campo. Il tutto ripreso dalla macchina a mano che resta sospesa sulle onde, proprio come i profughi. Questa di Moussa Touré è un’opera semplice, che racconta un mondo in maniera fresca e rapida. Un soffio che nella sua leggerezza ci lascia tutto il peso di un’esistenza.
La Pirogue [Id., Francia/Senegal 2012] REGIA Moussa Touré.
CAST Souleymane Seye Ndiaye, Laity Fall, Malaminé ‘Yalenguen’ Dramé, Balla Diarra.
SCENEGGIATURA Abasse Ndione, David Bouchet, Eric Névé. FOTOGRAFIA Thomas Letellier.
Drammatico, durata 87 minuti.