A PROPOSITO DI HARMONY KORINE…
La bellezza del white trash
Ritratto senza speranza di esseri umani problematici, abbandonati a se stessi, Gummo inizia e finisce con le immagini di un tornado, la forza della natura che sembra voler spazzare via l’umanità allo sbando descritta nel film.
Pieno di voci fuori campo appartenenti a diversi personaggi e perciò polifonico nella narrazione, frammentaria e dispersiva, l’esordio folgorante di Harmony Korine è un vero pugno nello stomaco. Non c’è un solo momento del film che non sia rappresentazione assurda del vuoto, della mancanza di senso morale, dell’idiozia. Fino a raggiungere il culmine nella scena, davvero ributtante, degli spaghetti mangiati nella vasca da bagno, da parte di uno dei due ragazzi che sniffano colla e ammazzano i gatti randagi nel quartiere, per poi venderli a un ristorante cinese (per le crudeltà a cui sono sottoposti i poveri felini la visione di Gummo è vivamente sconsigliata agli amanti dei gatti). A giudicare da come la racconta, senz’altro Korine non considera l’adolescenza l’età migliore. I suoi personaggi, mentre attraversano questa fase della vita, esprimono un grande desiderio di libertà, ma è una libertà deviata dalla violenza degli istinti verso comportamenti riprovevoli, che Korine non giudica, ma si limita a mostrare. È questa la sua forza, già in Gummo. Lo spettacolo ironico dello squallore esistenziale si fa flusso ininterrotto di immagini – fisse e in movimento – e suoni in contrasto tra loro, accostati con casualità apparente, ma in realtà manipolati con grande abilità da un formalista estremo, poco incline a compromessi. Ne risultano film di grande impatto visivo e, pur nel loro nichilismo, di rara vitalità a livello di messa in quadro (come Spring Breakers), che spiccano per originalità nel cinema statunitense contemporaneo. Gummo è il film con cui tutto questo inizia e, anche se mette troppa carne al fuoco, come spesso succede negli esordi, è ancora oggi sorprendente come riesca a combinare riprese finto-amatoriali, sporche, semidocumentaristiche con un’estetizzazione consapevole della spazzatura, un trash surreale, nonsense e politicamente scorretto che si nutre delle ossessioni ricorrenti nei film di Korine (filastrocche infantili, maschere, gemelli, minorati psichici e fisici, freaks di ogni genere…). Il tutto accompagnato da una colonna sonora dove prevale il metal pesante (Burzum, Mystifier, Bathory, Bethlehem), ma non mancano Madonna e Roy Orbison. A dimostrazione di un’attenzione alle mille risorse, anche musicali, del linguaggio cinematografico, che fa la differenza e lascia il segno.
Gummo [Id., USA 1997] REGIA Harmony Korine.
CAST Nick Sutton, Jacob Reynolds, Chloë Sevigny, Jacob Sewell.
SCENEGGIATURA Harmony Korine. FOTOGRAFIA Jean-Yves Escoffier. MONTAGGIO Christopher Tellefsen.
Drammatico/Grottesco, durata 89 minuti.