Come neve al sole
Con Educazione siberiana Salvatores torna, dopo il documentario 1960 e il corto Un solo sguardo, all’adattamento di un romanzo, scelta che, con risultati altalenanti, caratterizza buona parte della sua produzione dell’ultimo decennio. Ma l’omonima semi-autobiografia del moldavo Nicolai Lilin diventa anche il pretesto per cimentarsi in un genere nuovo al regista, il gangster movie.
Durante la dittatura stalinista, gruppi di delinquenti deportati nella gelida Transnistria e riunitisi in clan – il cui più temuto era quello dei siberiani – dichiararono lotta ad oltranza all’esercito e più in generale alle istituzioni governative. Seguendo i giovani cugini Kolyma e Gagarin nella loro iniziazione al codice d’onore siberiano, il regista offre per i primi venti minuti circa un’immagine forte quanto mitica dell’ambiente malavitoso che, proprio per le ferree norme tramandate di padre in figlio come una tradizione o meglio una (sub)cultura, affascina e coinvolge come gli affini film di Scorsese (il cui Gangs of New York si palesa qui come evidente riferimento nei conflitti tra bande) o l’epico C’era una volta in America. Mantenendo questa linea, Educazione siberiana si sarebbe veramente rivelato – come lo ha definito lo stesso autore – il suo miglior film, ma il cineasta napoletano ha voluto rendere l’opera comunque riconoscibile e affine al suo stile, venendone però a incrinare la struttura interna, scricchiolante come ghiaccio sotto il peso di cliché e soluzioni narrative banali quanto stonanti con i presupposti iniziali. La pellicola entra infatti in crisi quando irrompe in scena Xenya, ragazza con problemi mentali la cui disarmante infantilità e tenerezza fanno innamorare di lei i due ragazzi, ormai adulti ed entrambi responsabili delle proprie azioni e scelte di vita, che li condurranno su strade diverse e opposte, costringendoli a un decisivo confronto. Si scivola così su una mediocre e prevedibile romance e sull’ennesima fratellanza tradita, in cui la dicotomia buono/cattivo – qui dai forti richiami biblici, essendo i due sorta di Abele e Caino, sangue dello stesso sangue, metafora dunque di una chiara molteplicità interiore a ognuno – viene a semplificare un tessuto narrativo forte, giustificato e sostenuto in primis da un impeccabile John Malkovich, vero fiore all’occhiello del film, qui nella parte del nonno “educatore”. Tutto crolla perdendo di incisività, sciogliendosi come neve al sole di una primavera che era meglio ritardasse il proprio arrivo.
Educazione siberiana [Id., Italia 2013] REGIA Gabriele Salvatores.
CAST John Malkovich, Peter Stormare, Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius.
SCENEGGIATURA Stefano Rulli, Sandro Petraglia, G. Salvatores (dall’omonimo romanzo di Nicolai Lilin). FOTOGRAFIA Italo Petriccione. MUSICHE Mauro Pagani.
Gangster/Drammatico, durata 110 minuti.