Ci sono stati anni di follie “fuori orario” in cui per un palinsesto tutto Tsukamoto o Rko, o per registrare finalmente The West Wing da Rete4, ci si alzava in piena notte a cambiare il nastro nel videoregistratore (reperti archeologici). Ora il televisore si fa smart, la Tv diventa social e io arranco tra un overload informativo-ricreativo e un divertente ma faticoso personal engagement sui social network.
La diffusione di dati recenti sulla notevole crescita della social tv anche in Italia (quindi l’attività di guardare spettacoli televisivi commentandoli sui social network – tramite un televisore connesso a Internet o altri schermi) mi fa sentire meno sola nelle mie frenesie visive e si scopre che la Tv non muore di fronte all’esplosione di Internet ma si passa a una nuova fruizione da convergenza cross-mediale (istintiva per i nativi digitali, più complicata per il pubblico più maturo), usando quindi, contemporaneamente, più schermi e devices per seguire eventi ma anche serie tv etc.
La puntata di Servizio pubblico di La7 del 10 gennaio (quella con Berlusconi ospite), oltre a vantare ascolti altissimi (l’Auditel tradizionale), ha anche rappresentato un nuovo record per quello che riguarda la “visione connessa”. Attraverso Twitter sono stati lanciati più di 204.000 cinguettii, per una media di 1885 tweet al minuto (il record precedente riguardava il confronto su RaiUno tra Bersani e Renzi con circa 131.000 tweet). Qualcosa sta cambiando, e in fretta.
Da cinefila (e poi serialmaniaca) ho fatto in tempo a lamentarmi dell’esistenza di poche sale cittadine, poi della chiusura di queste, della programmazione di tanti film in tv strapazzati dalla pubblicità, della scomparsa dei film dalle prime serate etc., finché un giorno sono andata a dormire spettatrice e mi sono svegliata user. Grazie al web posso vedere intere stagioni di telefilm vecchi e nuovi, tuffarmi in cinematografie lontane, godere di eventi sportivi o musicali; la mia frustrazione è cambiata: ho sempre troppo da vedere e (volendo) troppo da commentare. Sicuramente, però, la visione collettiva – a distanza, non più tutti attorno a una bibita in un bar come per Lascia o raddoppia – è la nuova frontiera per una vecchia televisione che trae linfa fresca (e nuovi introiti pubblicitari) grazie a followers, mentions, tweets. Negli Stati Uniti, ovviamente, sono già avanti nella creazione di contenuti ad hoc per le nuove platee televisive attive on line e lavorano sui nuovi ratings, che mescolano gradimento ad ascolti lineari, live e differiti.
Recentemente, da user alle prime armi, ho seguito X Factor, MasterChef e il confronto per le primarie su 3 schermi: televisore, computer sintonizzato su una web radio a commento dei programmi, e smartphone per non perdere le reazioni sui social network. Una visione schizofrenica ma “arricchita”.
Verso quale tipo di fruizione di audiovisivi stiamo andando? La mia frustrazione è solo generazionale mentre i giovanissimi vivono con più inconsapevole felicità il mare magno di visioni possibili e condivise?
Molte domande, poche risposte e infinite cose da vedere: spengo tutto e fuggo al cinema, dove forse mi si chiede solo concentrazione per due ore (anche se nel buio della sala potrei lanciare una delle tante app per fare il check in al film proiettato).