D per Vendetta
Brutti trascorsi per il protagonista, pessima pagina per l’umanità. Con Django Unchained, Tarantino ricalca le basi di Bastardi senza gloria replicando la formula del C’era una volta…
“Da qualche parte in Texas” emerge il suo campione solitario, fisicamente “scatenato” e intimamente saldo nel sacro proposito di riscatto. Lo affianca l’impeccabile Dr. Schultz, parimenti amabile nell’esibire mandati e crivellare stolti a colpi di fucile. Qualità indispensabili nel Sud retrogrado degli schiavisti, più lesti di frusta che di comprendonio. A partire da Kill Bill sembra che la “revenge” sia diventata il format di Tarantino. Protagonisti brutalmente segnati contro nemici inutilmente feroci. Quale migliore ambientazione, allora, che la cornice confezionata a omaggio dell’amato western all’italiana? Dal Corbucci citato fin dai titoli, con tanto di musiche di Louis Bacalov e cammeo di Franco Nero, alla Trilogia del dollaro di Leone, con cappi appesi su volti di passaggio e proiettili intercettati da insospettabili armature. Passando per le tinte fosche di Mandingo, le corse a cavallo di Navajo Joe, fino alle note lievi di Lo chiamavano Trinità. Ma al di là dell’ovvio accumulo di citazioni – e, naturalmente, anche in virtù di questo – Django Unchained è Tarantino fin nel midollo e con il western degli anni Sessanta non ha poi molto da spartire. Non potrebbe essere altrimenti, considerando la pregnanza del filone rispetto al contesto storico di appartenenza. Resta dunque come bacino estetico e iconografico cui Tarantino attinge ancora una volta – e forse in misura minore di altre – per trarne il suo inconfondibile affresco di rivalsa, tra la caratterizzazione iperbolica dei personaggi e gli inserti felicemente grotteschi (uno su tutti quello sul Ku-Klux-Klan). L’eroe letale e indipendente, totalmente assorbito da un fine personale, era già diventato parte del suo cinema, al pari dei flashback reiterati sul passato disturbante. Il contrappasso delle punizioni ha tutto il sapore dell’autocitazione ed è impossibile vedere il cotone macchiato di sangue – allusione al sangue versato dagli schiavi – senza pensare alle ferite scarlatte sulle vesti immacolate di Cottonmouth. Più che i fasti dello spaghetti-western, dunque, Tarantino ne omaggia la propria assimilazione, il suo statuto di componente organica e impronta inscindibile del proprio stile. Se c’è del western, in Django Unchained, lo si trova piuttosto nella sproporzione tra l’ingenuità della legge del West e il potere silente della burocrazia, tra la furia cieca delle pallottole e la pacata insidia di contratti e mandati, tra l’incongrua richiesta di una ricevuta e l’esplosione di un colpo di fucile.
Django Unchained [id., USA 2012] REGIA Quentin Tarantino.
CAST Christoph Waltz, Jamie Foxx, Leonardo DiCaprio, Samuel L. Jackson, Kerry Washington.
SCENEGGIATURA Quentin Tarantino. FOTOGRAFIA Robert Richardson. MUSICHE Artisti Vari.
Western, durata 165 minuti.