Le origini del mito – Parte seconda
Dopo Il petroliere, Paul Thomas Anderson torna a scandagliare il mito americano per mettere in luce gli aspetti più oscuri della società contemporanea. Se il film precedente si soffermava sulle origini dell’individualismo a stelle e strisce, The Master riflette sul self-made man e sulla sua influenzabilità perché isolato all’interno della massa, dunque privo di una coscienza matura nata dal confronto e dalla partecipazione alla vita collettiva e incapace quindi di critica e pensiero totalmente autonomo.
Anderson sceglie di affiancare nuovamente – come già con Daniel Plainview nel 2007 – un outsider. Ma se Plainview lo era per sua volontà, mosso da un sempre più avido desiderio di ricchezza e potere, Freddie Quell è un suo doppio opposto. Reduce dalla Seconda Guerra Mondiale, con un aggravamento della propria condizione psicologica dovuto al trauma bellico, è alla continua ricerca dell’oblio che raggiunge attraverso l’ossessione per sesso e alcol. Freddie è dunque una vittima del sistema, la perfetta incarnazione dell’uomo medio: poco istruito e irrimediabilmente solo, in definitiva facilmente malleabile e condizionabile perché non pienamente consapevole di sé. Ne è dimostrazione l’incontro con Lancaster Dodd, eloquente capo di una setta la cui causa mira a superare i traumi e i dolori (fisici e morali) presenti in un viaggio a ritroso nella propria coscienza in una sorta di stato di ipnosi. Da subito Freddie se ne dimostra suggestionato: si sottopone agli esperimenti e alla nuova dottrina senza troppe domande, diventando a proprio modo uno degli adepti più convinti. Dodd si fa così per Freddie un padre adottivo, capace di imbrigliare e guidare il figlio reietto sulla buona strada. Ma non tutto è come appare e presto la convivenza con la setta mette in mostra il lato più ambiguo dei suoi seguaci e ancora di più del Maestro, vero e proprio despota, capace di sottomettere a sé chi gli sta vicino, in primis il fragile Freddie che, nel tentativo di allontanarsi da una dottrina sempre più opprimente, si troverà inretato nella sua logica. The Master si fa così apologo sul potere della persuasione su un singolo come su una massa, piccola o grande che sia. Un grido d’allarme che, tra attuali guru e fin troppo carismatici leader settari e politici, si rivela importante quanto necessario per una società alla ricerca, oggi come allora, di guide e riferimenti. Un invito ad aprire bene gli occhi perché gli errori del passato non si ripetano più.
The Master [Id., USA 2012], REGIA Paul Thomas Anderson.
CAST Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Laura Dern.
SCENEGGIATURA Paul Thomas Anderson. FOTOGRAFIA Mihai Malaimare Jr. MUSICHE Jonny Greenwood.
Drammatico, durata 144 minuti.