Essere o non essere (in 3D), questo è il problema
Il dio del Tuono arriva sulla Terra illuminando il cielo stellato del New Messico.
Siamo seduti in un grande multisala con tecnologia RealD ed un tonante Dolby Digital Surround EX: fila centrale, popcorn in abbondanza e da quando abbiamo indossato gli occhiali 3D ci interessa poco se Kenneth Branagh vorrà rivedere il mito di Thor in chiave shakespeariana, aspettiamo solamente che le martellate del Mjolnir raggiungano le nostre poltrone.
Non è l’IMAX 3D che potremmo ammirare al Cinesphere di Toronto, ma gli occhialini neri a polarizzazione circolare ci dovrebbero garantire un miglior filtraggio del colore rispetto a quelli verde/rosso di cartone a cui eravamo abituati.
Proviamo a prendere confidenza ma il campo visivo è indubbiamente ridotto, le immagini sembrano fin troppo buie. Si fa fatica a seguire la prima battaglia notturna per quanto la guerra per i Nove Regni – che ricorda il prologo de Il Signore degli anelli – dà subito prova dell’imponente lavoro di computer grafica e delle notevoli risorse messe a disposizione dalla Marvel. Lo humor (inglese?) di Thor ci distrae solo per un pò. La “linea comica” del film diverte molti spettatori ma noi siamo venuti a vedere un grande spettacolo tridimensionale e siamo impazienti. Presto – per fortuna – Branagh ci porta nel regno di Odino e nel mondo dei giganti di ghiaccio. Le scenografie di Jotunheim, il ponte dell’arcobaleno difeso da Heimdallr, il mare di Asgard che si tuffa nell’universo, sono affascinanti. Avremmo voglia di sfilarci gli occhiali per apprezzarne a pieno i dettagli. In tutto questo splendore galattico la fotografia è per lo più bidimensionale, perdiamo parte del colore mentre le immagini stereoscopiche in movimento si contano ancora sul palmo della mano. Il tentativo di dare la sensazione di profondità ad un campo lunghissimo del popolo di Asgard riunito per l’incoronazione del re, accentua paradossalmente la staticità delle comparse digitali. Una tempesta di ghiaccio, che ci viene incontro come i fiori di un Dente di leone portati dal vento, è uno dei pochissimi momenti in cui si ha l’impressione che forme e colori facciano capolino dallo schermo.
Purtroppo non succederà mai durante i grandi combattimenti, mai nello spazio, dove l’illusione di realtà poteva portarci “davvero” in un’altra dimensione. Restano degli ottimi effetti speciali, che esaltano la parte epica del film, ma è chiaro che né Branagh né la Marvel hanno mai pensato ad una pellicola che facesse della tridemensionalità la sua essenza. Come molti suoi illustri predecessori, che hanno rilanciato il 3D con grandi produzioni, Thor lascia alla terza dimensione il ruolo di comparsa, sfruttando più che le potenzialità del mezzo, il ritorno economico dell’operazione commerciale. Non esiste neanche il valore aggiunto perché un film concepito in 3D al 5% è sicuramente meglio vederlo in 2D.