OMAGGIO A RITA HAYWORTH
Imprigionati
Gilda e Rita Hayworth, melò e noir: caratteristiche inseparabili di un pellicola che fa della inscindibilità una delle sue forze e caratteristiche, andando oltre al semplice manifesto di divismo che negli anni ha rappresentato nella storia del cinema.
Ma allo stesso tempo Gilda è un film che mostra e mette in scena una serie di prigioni nelle quali a cadere non sono solo i protagonisti chiusi nel loro mondo di passioni manifeste e latenti, come la presunta omosessualità tra il protagonista Glenn Ford e il proprietario di una bisca di Buenos Aires, di cui è il braccio destro. Ad essere costantemente imprigionato è lo spettatore, nella consapevolezza di un rapporto passato e consumato tra Gilda e il protagonista narratore, che con la classica voice over costantemente rilancia la non consapevolezza spettatoriale. Prigionieri sono i personaggi nei loro ruoli, prima fra tutti Gilda nel suo essere dark lady impossibilitata a fuggire da un triangolo passionale che la vede per sempre legata a quel torbido mondo perché le divisioni nazionali sono annullate e tutto segue una logica di possesso passionale. Lo stesso Glenn/Johnny Farrell nella sua volontà di elevarsi dal passato umile, sempre alluso e mai manifesto, non riuscirà mai a distaccarsene come ironicamente viene sottolineato dall’assistente dei servizi igienici del locale; nemmeno la sopraccitata voce fuori campo, in genere elemento principale di separazione nel narrato, dona quella lontananza che il protagonista cerca invano in tutta la pellicola. Amore e odio, i due sentimenti che legano i due protagonisti, diventano fin da subito i fili che tenderanno la vicenda caratterizzata dal passato oscuro e da un futuro incalcolabile da entrambi per via della presenza di un terzo potente, a capo non solo della bisca ma anche di un trust del tungsteno. È una prigione che nel tempo verrà rafforzata: proprio durante l’affissione del manifesto del film Antonio Ricci/Lamberto Maggiorani perderà la sua bicicletta nel film di Vittorio De Sica, portandolo alla disperata ricerca dell’oggetto per evitare la miseria. Ma allo stesso modo rappresenta una prigione quella in cui cade la Rita di Mulholland Drive: sempre attraverso il manifesto di Gilda il suo corpo e la sua identità si legheranno ad un altro fittizio, con rimando costante alla prigione di un diverso io e dell’assenza di una identità.
Gilda [Id., USA 1946] REGIA Charles Vidor.
CAST Rita Hayworth, Glenn Ford, George MacReady, Joseph Calleia.
SCENEGGIATURA Marion Parsonnet (tratta dall’omonimo racconto di E.A. Ellington). FOTOGRAFIA Rudolph Maté. MUSICHE Hugo Friedhofer.
Drammatico/Noir/Sentimentale, durata 110 minuti.