Una casa da incubo…
Quando si legge che il regista di un film cerca di far togliere il suo nome dai credits della sua ultima opera non sembra proprio una notizia di ottimo auspicio. Se scorrendo si scopre anche che due degli attori principali, cioè Daniel Craig e Naomi Watts, si sono rifiutati di promuovere il sopracitato film, ci si domanda cosa ci spinga a chiudersi al cinema in un assolato pomeriggio d’agosto.
Forse solo l’aria condizionata. Perché Dream House non offre molto altro, solo le comodità del multisala che lo ospita. Se l’inizio appare come un horror, continuando sembra un thriller e infine quasi ci si convince di trovarsi davanti a uno psico dramma. In realtà la confusione la genera la totale mancanza di idee, il non sapere – da parte dei produttori probabilmente visto il discostarsi del regista Jim Sheridan – cosa stiano cercando di raccontare. Quasi sicuramente visto il desolato palinsesto cinematografico di questo agosto 2012 un’idea vale l’altra, basta il richiamo di qualche attore famoso e il botteghino è assicurato anche questa volta. Perché alla fine l’idea è sempre quella, una casa dove sono stati commessi degli omicidi, ovviamente di qualche bellissima bambina bionda e sana, una nuova famiglia che ignara compra l’abitazione e allegramente inizia a sistemarla. Eppure il colpo di scena c’è, anche se era già stato svelata dai trailer: il padre della famiglia presente che cerca di proteggere la sua stupenda e perfetta realtà e va alla caccia dell’unico sopravvissuto della strage, il padre del passato. Il colpo di scena è scoprire che in realtà dà la caccia a se stesso. Eppure dopo questo momento quasi topico, al posto di aumentare la suspense o dare una direzione chiara e magari innovativa alla pellicola, si lascia che questa vada alla deriva, fino a un frettolosissimo finale, quantomeno scontato e immaginabile, con tanto di permesso da parte della sposa morta al suo amato marito di sopravvivere e andare avanti con la sua vita. Se non fosse stato uno dei finali più brutti degli ultimi tempi si sarebbe potuto definire melenso. In realtà la mancanza totale di senso e idee irrita già abbastanza lo spettatore: almeno l’aspetto sdolcinato viene dimenticato.