FilmForum Udine/Gorizia 5-14 aprile 2011
Roger Odin. Il cinema al tempo del videofonino
“È questo, secondo me, l’apporto essenziale del telefono cellulare: è giunta l’era del linguaggio cinematografico”.
Con questo pensiero Roger Odin, docente all’Università Paris 3 – Sorbonne Nouvelle, apre il nuovo numero della rivista Bianco e Nero, “Il cinema al tempo del videofonino”, presentandolo durante il meeting mattutino della quinta giornata del FilmForum 2011 Udine/Gorizia. Il merito più grande di questa pubblicazione è quello di essersi consacrata interamente ad una forma ancora troppo confinata, senza per questo proporre un elogio concorde da parte degli autori degli articoli, ma offrendo un approccio critico di varie opinioni, considerando non solo la realtà europea, ma aprendosi ai prodotti del mondo intero.
Non è la natura di tale linguaggio che cambia, piuttosto il suo statuto conseguente al suo utilizzo non solo in fase di ricezione, ma soprattutto in fase di produzione. Se risulta difficile che la gente esca di casa con una videocamera in tasca, se non con precise finalità pratiche, è praticamente impossibile che non porti con sé il proprio telefono. Soprattutto i giovani sono spettatori sempre più competenti: impadronendosi materialmente di ciò che hanno visto e osservato, lo mettono in pratica quando realizzano il loro girato, manipolando l’oggetto che diventa prodotto con un proprio autore. Il passo successivo è la condivisione del contenuto: se l’intima logica dei filmini di famiglia li eleva a sacri luoghi-memoria funzionanti anche se non visionati, il video fatto col videofonino ha bisogno di visibilità, l’essere osservato da terze parti estranee alla propria vita. Non per questo però meno degni di nota delle pellicole: sono documenti nuovi altrettanto preziosi, spontanei, personali e democratici, siccome quasi tutti oggi hanno la possibilità di possedere tale apparecchio. Anche gli artisti sono stimolati nel trovare un modo “altro” per comunicare, sia in termini estetici, esortando la loro creatività, che sociali, mettendo in scena problematiche e realtà quotidiane. L’esempio pratico di tutte le parole spese sono le proiezioni tenutesi la sera stessa: sei corti presi dalla selezione del Festival Pocket Film di Parigi, introdotti dallo stesso Odin, presente anche in veste di autore. La bassa qualità dell’immagine è evidente, ma tanto cara agli autori perché comunicativa di per sé, una sorta di “immagine della memoria, vibrante, instabile”, come la definisce il professore, amante di quella materialità in via d’estinzione a causa della qualità HD. Il loro minimo comun denominatore è la riflessione, sul mezzo, sul suo rapporto col teatro, con l’arte, il cinema, il passato, facendo rientrare le parole nello stesso quadro delle immagini, altrettanto sporche e rimbombanti. Siamo di fronte ad una rivoluzione tale da farci dimenticare ciò che è venuto prima? Ovviamente no: è una nuova frontiera, una testimonianza che afferma la verità del proprio mondo. La cosa importante è saper accettarla, accogliendola e confrontandosi con essa, dando chiaro esempio di “ouverture d’esprit”.