Forse non così “amazing”…
La vita di Spider-Man la conosciamo tutti. La conosciamo attraverso i fumetti, le serie e la trilogia non molto datata di Raimi (si parla di una decina di anni fa). Allora ci si chiede un po’ quale sia il senso di questo ennesimo capitolo sull’Uomo Ragno. Forse per restituire il torto compiuto non avendo incluso il personaggio in The Avangers?
O forse perché rimane uno dei fumetti più amati e quindi riempie le sale sempre e comunque? Perché, per quanto si possano apprezzare alcune scelte stilistiche del regista Marc Webb o il personaggio di Peter – interpretato in stile nerd/alternativo da Andrew Garfield – la storia è sempre quella del piccolo Peter Parker, orfano e cresciuto a casa degli zii, accidentalmente punto da un ragno modificato geneticamente che lo trasforma in un supereroe che prima usa i suoi poteri per vendetta personale poi per amore verso il prossimo. Ma, nonostante alcune piccole variazioni alla storia e la scelta di un nuovo interprete, nessuno ha osato né oserebbe mai stravolgere la vita di Spider-Man. Forse, se questo The Amazing Spider-Man fosse arrivato dopo molti anni dall’ultimo episodio cinematografico, i notevoli effetti speciali e l’idea di un Peter che cerca l’avventura stuzzicando il ragno fino ad essere morso, avrebbero potuto far dimenticare i difetti e il patetismo di alcune sequenze. Quasi per giustificarsi della poca innovazione, il regista Webb fa dire in classe ad una giovane professoressa di letteratura che “alla fine le storie si possono ricondurre a una soltanto, che si tratti dell’uomo ragno o no”. Infine, ciò che rende questo film un’esclusiva operazione commerciale è la scena che arriva dopo i titoli di coda: pochi secondi che annunciano il prossimo episodio. La macchina da soldi vestita di rosso e blu non si ferma, anche se tutto è già stato raccontato più e più volte.