Morte del musical, e del rock
Il problema di Rock of Ages – sin dai titoli di testa che richiamano la grafica del logo e dei dischi di band realmente esistite – non è tanto la ricostruzione d’ambiente, visto che, in parte, il film può dare un’idea sintetica delle caratteristiche anche iconografiche assunte dalle star della scena musicale losangelina negli anni Ottanta (il periodo più tamarro del rock), nelle sue varianti glam-metal, pop-metal, hair-metal.
Il problema invece è che Rock of Ages porta avanti una forma di musical vecchio stile, in sé non necessariamente datata, senza avere l’accortezza di aggiornarla o rielaborarla, e inoltre trascura aspetti fondamentali come i dialoghi tra una canzone e l’altra – a volte troppo scontati – e i rapporti tra i personaggi, la cui evoluzione spesso è all’insegna di una melensa, prevedibile banalità (si veda l’interazione tra il divo del rock e la giornalista di Rolling Stone, una figura stereotipata a dir poco). Così, nel tentativo di celebrare allo stesso tempo la sopravvivenza del rock nel suo decennio più difficile dopo i fasti degli anni precedenti, e quella del genere musical, il film di Shankman finisce inevitabilmente per museificare l’uno e l’altro, privandoli di ogni elemento vitale, trasgressivo o ironico. Non osa abbastanza, Rock of Ages, manca di cattiveria ma eccede in gusto pacchiano e kitsch, solo in quest’ultimo davvero vicino alle rockstar dell’epoca e al mondo rappresentato. Il film è indeciso e poco coraggioso anche nella scelta degli spettatori a cui rivolgersi: se la storia d’amore tra i due giovani protagonisti sembra scritta per un pubblico di ragazzini, invece è più probabile che siano i genitori degli stessi ragazzini a riconoscere facilmente tutte le canzoni anni Ottanta eseguite dal cast del film e a seguire da tempo la carriera di Tom Cruise, qui in uno di quei ruoli grotteschi che gli riescono meglio. Se, dunque, l’idea è quella di realizzare un film sul rock per tutta la famiglia, non può che lasciare dubbioso chi scrive, già rimasto perplesso da uno striscione visto tra il pubblico all’ultimo concerto milanese di Springsteen: “tranquilli, ragazzi, mamma e papà sono qui”.