Touch a dream
Si è detto che il metodo Strasberg generasse instabilità psichica negli attori che lo adoperavano, perché li poneva nella perenne condizione di scontrarsi con la propria memoria emotiva, di esplorarla, setacciarla in ogni dolorosa stanza, alla ricerca del personaggio di una Gioventù bruciata che invocava disperatamente aiuto fuori e sul grande schermo.
A ciò si aggiungeva il type casting usato da Hollywood per fabbricare illusioni, che obbligava l’attore a rispettare, anche nelle consuete apparizioni pubbliche, la coincidenza tra immagine filmica e immagine della persona. Finché Marilyn si immergeva nel bagno di flash dei fotografi continuando a sostenere il ruolo di bomba sexy cucitole addosso, dimenticava la fragilità e l’insicurezza di Norma Jeane. I veri problemi sorgevano nei momenti di solitudine, quando il cigno nero usciva allo scoperto riversando sulla gemella buona le sofferenze di un passato mai superato, di un presente ugualmente complicato da gestire, allungandole una bottiglia o un vasetto di barbiturici. Marilyn sceglie di non seguire il tradizionale impianto biopic ripercorrendo per intero l’ascesa e il declino della bionda più desiderata di sempre, ma si sofferma su un lasso di tempo breve e sufficiente per comprendere i drammatici effetti della mercificazione divistica, smentendo le tesi complottistiche e mostrando i segnali di una fine più che annunciata.
Malgrado gli sforzi di trucco e parrucco e un’interpretazione speculare nella sinuosità di gesti e movenze, Michelle Williams non possiede un briciolo del magnetismo della Monroe. Non emana carica erotica ad ogni battito di ciglia, né cattura la luce al suo passaggio spegnendo i riflettori dei mostri sacri che le recitano accanto. Per questo riesce verosimilmente a restituire la figura insolita di una Dea terrena, che si stacca dalla tela mitica e irraggiungibile prodotta in serie da Warhol, per mescolarsi con l’ambiente popular che di quel sogno iconografico si è nutrito, come il giovane Colin Clark. Il loro fu un incontro ravvicinato del terzo tipo, uno scambio di effusioni come i tanti che capitarono a Lady D. Eppure entrambe le principesse tristi, scomparse tragicamente alla stessa età, non riuscirono mai a districarsi completamente dall’Olimpo (Reale e dello star system) e dai beni derivanti da esso, preferendo gettarsi fugacemente tra le braccia di maggiordomi, giardinieri e maestri di golf per ricevere all’occorrenza un po’ di autentico calore umano. Perché d’amore si potrà pure morire, sarà anche il sentimento più prezioso, ma i diamanti rimangono sempre i migliori amici di una ragazza.