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In questo numero

Il traditore

sabato 22 Luglio, 2023 | di Maria Eleonora C. Mollard
Il traditore
Marco Bellocchio
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Con Il traditore Marco Bellocchio ripercorre la vita del “boss dei due mondi”primo grande pentito della storia italiana

“Decidiamo noi chi è ebreo” (Joseph Goebbels)

Se c’è un cantore della storia contemporanea italiana quello è Marco Bellocchio. Il traditore, presentato al Festival di Cannes 2019, rientra tra quelle opere vischiose: ti rimane addosso non tanto con sgradevolezza ma con un senso d’inquietudine e di irreparabilità imminente.

Tommaso Buscetta (Pierfrancesco Favino), uno dei primi pentiti della storia italiana, è riuscito – inizialmente contro la sua volontà – ad aiutare il giudice Falcone (Fausto Russo Alesi) portando davanti al tribunale, anche della Storia, Cosa nostra e aprendo, così, la stagione di caccia della magistratura italiana.

Il traditore

Buscetta, uomo carismatico e viveur non molto acculturato, criminale tra le file semplici della mafia, riesce a cogliere la corruzione dello spirito del tempo dell’organizzazione di cui fa parte, dove la gloria, l’onore e una certa etichetta lasciavano spazio al sadismo di Totò Riina (Nicola Calì) e del clan dei Corleonesi.  Dalla pace di Rio, dove risiedeva Buscetta con la terza moglie, alle stanze private degli incontri con Falcone che hanno dato il via, per il mafioso, a un percorso di redenzione dopo il tentato suicidio, le torture della polizia e la strage che Riina ha inferto alla sua famiglia. Bellocchio tratteggia un eroe e un antieroe che provano a smontare un sistema perché tanto “si muore sempre”, e se bisogna morire almeno sia per una causa, giusta come per Falcone, o meno, per una questione personale, come per Buscetta. Abbiamo la biografia e il racconto storico, ma anche la solitudine infinita di Buscetta, condannato come l’Olandese Volante a spostarti in eterno, a vivere sotto la protezione testimone dell’FBI, mentre la mafia, e non solo, continuerà a tormentarlo fino all’ultimo respiro.

La ricostruzione che fa Bellocchio del maxiprocesso è teatro puro: una serie di personaggi secondari e primari, assassini e criminali, increduli del loro destino, mentre il pool antimafia aggiungeva un nuovo capitolo alla guerra civile della mafia e dava la possibilità a Buscetta di vendicarsi o, forse, di farsi giustizia. “Ho più paura dello Stato che della Mafia”, e qui Buscetta diventa come l’Aldo Moro tanto caro al regista, impossibilitato anche solo ad avvicinarsi al Castello kafkiano rappresentato qui, e non solo, dalla figura di Andreotti (Pippo Di Marca), l’unico in grado di arginare il maremoto politico scatenato dal giudice Falcone e da Buscetta stesso. Quando il ministro della propaganda Goebbels chiamò in un colloquio Fritz Lang per usarlo come regista del partito nazista, nonostante le origini ebree di Lang e le perplessità del regista, Goebbels rispose: “Decidiamo noi chi è ebreo”. D’altronde è sempre stata una farsa tenuta su con dei fili trasparenti da un branco di criminali; così Bellocchio dipinge amaramente, senza patetismo, il disfacimento completo del ruolo dello Stato nella coscienza di una società allo sbando. Anche lo Stato decide chi è mafioso. Uno Stato che modella pensieri e corpi tra l’ottusità della magistratura, l’ideale cieco dei nostalgici di Cosa nostra e il sangue di vittime senza nome.

Buscetta è un assassino, per quanto possiamo creare un legame emotivo con la via crucis del pentito, per quanto sia un personaggio tragico, a tratti inaccessibile, il regista di Esterno Notte, ci ricorda, come un memento mori, quale spietato omicida fosse realmente (non ammetterà mai una serie di delitti compiuti in Italia e in Brasile). Il fascino di Tommaso Buscetta risiede nell’essere una Cassandra contemporanea, un morto che cammina, e come tutti i morti – consapevoli di esserlo – totalmente capace di vedere, a differenza degli altri, un tragico orizzonte degli eventi nel destino dell’Italia intera.

  • Regia: Marco Bellocchio
  • Soggetto: Marco Bellocchio
  • Sceneggiatura: Marco Bellocchio, Ludovica Rampoldi, Valia Santella, Francesco Piccolo. Fotografia: Vladan Radovic.
  • Montaggio: Francesca Calvelli
  • Scenografia: Andrea Castorina
  • Costumi: Daria Calvelli
  • Musiche: Nicola Piovani
  • Produzione: Beppe Caschetto, Simone Gattoni, Fabiano Gullane, Caio Gullane, Michael Weber, Viola Fugen, Alexandra Henochsberg per IBC Movie, Kavac, Rai Cinema, in coproduzione con Ad Vitam Production, Match Factory Production
  • Distribuzione: 01 Distribution
  • Origine: Italia/Francia/Germania/Brasile 2019
  • Durata: 148 minuti
  • Premi: Globo d’oro (2019): Miglior film, Miglior musica (Nicola Piovani); Italian Movie Award (2019): Miglior attore (Pierfrancesco Favino); Nastro d’argento (2019): Miglior film, Miglior regia (Marco Bellocchio), Migliore sceneggiatura (Marco Bellocchio, Ludovica Rampoldi, Valia Santella, Francesco Piccolo, Francesco La Licata), Miglior attore protagonista (Pierfrancesco Favino), Miglior attore non protagonista (Luigi Lo Cascio e Fabrizio Ferracane), Miglior montaggio (Francesca Calvelli), Miglior colonna sonora (Nicola Piovani); Ciak d’oro (2020): Migliore fotografia (Vladan Radovic), Miglior montaggio (Francesca Calvelli);  David di Donatello 2020: Miglior film, Miglior regista (Marco Bellocchio), Migliore sceneggiatura originale (Marco Bellocchio, Ludovica Rampoldi, Valia Santella e Francesco Piccolo), Miglior attore protagonista (Pierfrancesco Favino), Miglior attore non protagonista (Luigi Lo Cascio), Miglior montatore (Francesca Calvelli).
  • Interpreti: Pierfrancesco Favino (Tommaso Buscetta), Luigi Lo Cascio (Totuccio Contorno), Fausto Russo Alesi (Giovanni Falcone), Maria Fernanda Cândido (Cristina Guimaraes)

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