Partire è un po’ morire
Bastien, un ragazzo alla soglia dei quattordici anni, si reca in vacanza con la famiglia in uno chalet isolato nella natura, sulle sponde di un lago nel Québec.
Insieme a loro c’è la famiglia di Chloé, con cui si ritrovano dopo alcuni anni. I due adolescenti iniziano presto a trascorrere le giornate insieme e tra i due, nonostante la differenza d’età, si forma un intenso legame. Pronto a superare le sue peggiori paure, Bastien vuole conquistare un posto nel cuore di Chloé, così la vacanza diventa per lui un momento cruciale e turbolento.
Debutto alla regia dell’attrice canadese Charlotte Le Bon, tratto dalla graphic novel Una sorella di Bastien Vivès, Falcon Lake racconta l’adolescenza aderendo ai topoi del coming of age e al tempo stesso ammantandoli con suggestioni orrorifiche. Bastien sta vivendo l’ingresso nella “più delicata delle transizioni”, come la definì Victor Hugo, scandita da irrequietezza, desideri, fantasie e tormenti. E, nel suo caso, le tensioni del cambiamento e il turbamento del primo amore si manifestano attraverso tratti fantasmatici ed enigmatici. Chloé, che prende la morte come un gioco, racconta che un tempo in quella zona si aggirava un fantasma, ed è soprattutto lo sguardo sui luoghi a dar forma a un controcanto misterico. L’estate, la stagione delle passioni e dei ricordi, e la bellezza della natura, sono accompagnate da un’eco inquietante, che risuona tra le acque placide e sinistre del lago e i tramonti che conducono verso una presaga oscurità. L’incontro con la disinvolta e indocile Chloé rappresenta per Bastien un risveglio emotivo, di cui i luoghi diventano proiezione. Seppur inizialmente i due sembrino incompatibili (per età e temperamento), il rapporto diventa sempre più stretto, in un progressivo approssimarsi di corpi, sguardi e fantasie. Charlotte Le Bon plasma il loro legame attraverso le immagini e la loro ambiguità, in un senso di costante sospensione che sembra fermare il tempo. I momenti di Falcon Lake fluttuano come i capelli di Chloé mossi dal vento, avvicendandosi spesso all’improvviso, mentre i personaggi appaiono e scompaiono nell’inquadratura. Il formato 1,37:1 e la pellicola da 16 mm donano all’immagine matericità ma anche una valenza retrospettiva, rievocando le ombre di un passato fuori dal tempo, con la malinconia di attimi che sembrano dissolversi. Il fantasma del desiderio, dell’adolescenza e del primo amore rimane una traccia indelebile, legandosi ai luoghi e alle persone che lo hanno generato tramite il distacco. Perché in fondo, “partire è un po’ morire”, scriveva Edmond Haraucourt, “e in ogni addio seminiamo un po’ della nostra anima”.
Falcon Lake