La sorellanza passa per il menare
C’è un certo senso di benessere causato dal fatto che possa esistere un film incentrato sulla sorellanza, con una narrazione frizzante e un dialogo serrato, e in più con botte da orbi.
Il primo lungometraggio della regista e sceneggiatrice britannica Nida Manzoor porta di nuovo in scena il Regno Unito multiculturale dei nostri giorni, dopo il successo della sitcom We Are Lady Parts, dove un gruppo di ragazze islamiche londinesi fondava un gruppo punk.
Polite Society è una commedia d’azione sui generis, che invece di una persona muscolosa e spericolata mette al centro una ragazzina in divisa scolastica. La nostra protagonista è l’adolescente Ria (Priya Kansara), il cui sogno è diventare una stuntwoman. Al centro della sua vita, oltre ad allenarsi nell’arte del menare forte, ci sono le sue amiche, ma soprattutto sua sorella maggiore Lena (Ritu Arya, che abbiamo già visto nel ruolo di Lila in The Umbrella Academy), che la supporta in tutto e per tutto. Il loro rapporto cambia quando improvvisamente Lena, che non si è mai lasciata imbrigliare dalle matchmaker della loro comunità anglo-pakistana, si innamora dello scapolo più desiderato, Salim (Akshay Khanna), e si fidanza con lui quasi immediatamente. Ria si convince che le intenzioni di Salim e di sua madre (una super-malvagia e irresistibile Nimra Bucha, Ms. Marvel) non siano oneste: ma sarà vero o sarà frutto della sua immaginazione? Una commedia incentrata su due sorelle che bisticciano potrebbe già essere abbastanza ma Polite Society sublima questa idea attraverso l’immaginazione di Ria, che trasforma ogni avvenimento nella scena di un film action. Non fidarsi della futura suocera è un’ottima occasione per sgattaiolare in casa sua nel cuore della notte; un litigio tra sorelle diventa una battaglia in cui le due distruggono casa. La chimica tra le attrici protagoniste è fortissima e brillante; non solo quella tra le sorelle, ma anche quella tra Ria e le sue amiche, senza le quali nessuno dei suoi piani potrebbe andare a buon fine; è grazie a queste dinamiche così credibili e potenti che un film così strambo può funzionare.
Ogni aspetto del film – dalla colonna sonora ispirata a Bollywood ai colori intensi al supercattivo – alza il livello un po’ più di quello che ci aspetterebbe, plasmando un film massimalista, che si diverte a esagerare e creare un’estetica che strizza l’occhio tanto al cinema del subcontinente indiano quanto all’estetica del fumetto e del cinema d’azione. Ovviamente l’effetto esagerato fa trascendere il film dal realismo, ma è facile vedere come questo mondo sia rappresentato esattamente come appare nella mente di una adolescente con molta (troppa) immaginazione. È particolarmente pregevole il modo in cui Nida Manzoor riesce a intrecciare in una commedia spaccona e esplosiva delle riflessioni importanti su temi come l’amicizia tra ragazze, gli stereotipi di genere, la pressione sociale imposta dai genitori, le complessità delle relazioni all’interno delle comunità immigrate. Non ferma mai il turbine di pugni per fare la lezioncina, ma imbeve le sue osservazioni con furbizia e un tocco esperto (specialmente per una regista e autrice ancora a inizio carriera). Manzoor prova tantissimo gusto nel mescolare influenze diverse, dai musical ai film di spionaggio con idee originali, ma anche con il coraggio e la capacità di metterle tutte in gioco. Con Polite Society spinge l’acceleratore a tavoletta su tutti i fronti, e lo fa con il cuore in mano restituendoci un film esaltante, travolgente e divertentissimo.