Veritas Omnia Vincula Vincit
Le premesse di The Teacher’s Lounge sono semplici: in una scuola tedesca, la città non è nota, una serie di furtarelli mette in moto una catena di eventi che trascinerà professori e insegnanti in una spirale di entropia.
Carla Nowak (Leonie Benesch) è una giovane insegnante (matematica e educazione fisica) che ha un approccio pedagogico coi suoi alunni di dodici anni che sfocia quasi nel ‘cameratesco’. Sempre pronta a sostenerli, Carla non fa squadra coi colleghi che, non troppo discretamente, deridono la sua incrollabile fiducia nei confronti delle nuove generazioni.
Per difendere i suoi ragazzi dall’essere prelevati in classe con annessi interrogatori, nel microcosmo scolastico che rispecchia fin troppo bene la società esterna, Carla, in un individualismo che si allontana dagli insegnamenti che impartisce in classe, decide di investigare andando anche contro le leggi sulla privacy e smascherare il colpevole che sta alterando la quiete scolastica. Chi è l’autore dei furti? Non lo sapremo mai, e non ci interessa saperlo se non nella misura in cui mette in moto eventi imprevedibili. Carla vede in Mrs Kuhn (Eva Löbau) la colpevole, ma il pubblico non vede mai il ladro se non la manica della blusa che pare indicare lei come principale indiziata. Mrs Kuhn è anche la madre dell’ alunno preferito di Carla, Oskar (il promettente Leonard Stettnisch). C’è sicuramente un legame tra Carla e Oskar, un legame che Carla non riesce a stabilire con coevi e colleghi, ma che in nome della verità (e qual è?) viene devastato a suon di vendette e recriminazioni. Come ci ricordano le mura del giornale scolastico Veritas Omnia Vincula Vincit. In uno scenario dove le tonalità del blu e del marrone donano al film una calma apparente, quella sensazione di incubatrice, quale dovrebbe essere la scuola, viene ampiamente ferita dalle musiche, degne di un giallo, di Marvin Miller.
The Teacher’s Lounge, diretto da İlker Çatak e presentato nella sezione Panorama della Berlinale, non è del tutto uno studio sociologico che si sviluppa lungo gli anni come i documentari UP!, e neanche ci avviciniamo all’esperimento scolastico fuori controllo e violento de L’Onda (tratto da una storia vera), ma è una riflessione piuttosto amara su quella zona liminale tra casa e società che è la scuola. Qui c’è tutto: il politicamente corretto, un latente razzismo (la stessa Carla è polacca ma a scuola vuole solo parlare tedesco), l’arroganza cieca e bovina dei genitori in un’epoca in cui l’insegnante ha perso ogni autorità e autorevolezza, il giocare in difesa del corpo insegnanti e, al contempo, emulare una versione light di un perenne stato di polizia.
E poi ci sono gli studenti, anche loro come la scuola e la società, sono una forza uguale e contraria a quegli insegnanti che criticano, interiorizzando i mezzi degli adulti come le fake news e la manipolazione della verità. Non sappiamo niente dell’universo dei personaggi al di fuori della scuola, e manco interessa al regista saperlo: ‘privati del privato’ Carla è una eroina (?) che per quanto desideri fare il bene inevitabilmente finirà sempre per fare il male, in un finale aperto o doppio che lascia interessantissime domande.