Un portale da oltrepassare
L’elemento surreale è senza ombra di dubbio quello più ricorrente nell’intero lavoro di Adam Tempesta. Questo infatti si frappone e si miscela, spesso e volentieri, a quello drammatico, comico o assurdo.
Carambola dormiente, sua ultima opera edita da Eris, in tal senso non fa eccezioni. In questo libro, però, il surreale aiuta ad amplificare la sofferenza in alcuni frangenti o a diluirla in altri, in modo da far a volte quasi scomparire le forme delle cose e degli esseri viventi.
E con “le forme” intendo non solo l’idea che abbiamo in mente di quell’oggetto o di quella persona, ma anche di ciò che ne racchiude l’essenza o lo spirito; ciò che, insomma, da dentro spinge verso l’esterno e ci fa essere ciò che siamo o fa apparire le cose per quello che sono nella realtà. In passato l’autore, aveva lavorato con questa forza surrealista in contesti che si immergevano in mondi fantastici e universi pseudo mitologici. In questa fase del suo percorso artistico invece qualcosa si sposta e fa cambiare, se non radicalmente almeno concettualmente, il suo campo di gioco. Per comprendere meglio, può essere utile capire di cosa parla Carambola dormiente: essenzialmente è la storia del rapporto intenso tra Adam e il proprio spazio interiore in alcuni, particolari, momenti della propria vita. Quello che mette in scena si manifesta in un bianco e nero dove il nero è il colore del disagio e dello sconforto, mentre il bianco quello della serenità e della libertà. I conflitti, le paure, le contraddizioni di un’esistenza in molte sue zone non ancora compresa dall’autore, creano un viaggio dove il lettore cerca, passo dopo passo, di mettere a fuoco il magma di disegni e segni che il racconto accumula strada facendo. Un racconto fatto anche da forme primitive (paperiņo, il papero stilizzato che ricorda ad Adam la sua infanzia) che rappresentano l’idea di purificazione e di nostalgia per qualcosa che assomiglia alla libertà.
Quello che però affascina in questo libro è certamente la capacità di Tempesta di creare tre aree ben distinte attraverso le quali la catarsi da lui cercata riesce in qualche modo a concretizzarsi: dove il bianco e il nero sono appunto due elementi evidenti, se ne forma un terzo in cui essi si sormontano, si filtrano, si mixano fino a risultare fitti e indistinguibili. È lo spazio, ad esempio, della massa multiforme dell’ultima tavola, un portale che deve essere oltrepassato per ottenere l’obiettivo che Adam si è preposto di raggiungere. D’altronde un cartello che aveva letto a una manifestazione glielo esprimeva chiaramente: “Ogni volta che mi alzo ho la forza di quello che ho superato”.