Tra il possibile falso e il possibile vero
Tra le mostre allestite a Lucca Comics & Games 2022, ce ne era una a cura di Giovanni Russo, dedicata a Giacomo Nanni. Mi è subito apparsa come un ottimo viatico per fare un paio di considerazioni sul recente lavoro di questo straordinario artista.
La mostra si intitolava: “Un altro sguardo sul mondo”. Senza dubbio un titolo azzeccato per raccontare perfettamente quella che è l’idea recente di Nanni di un modo di rappresentare la realtà attraverso prospettive inedite. Questa è decisamente ciò che ha prodotto quel dittico composto dai suoi due lavori Atto di Dio (2018) e Tutto è vero (2021).
Nel primo, inizialmente seguiamo un capriolo in un prato vicino a un centro commerciale, poi un altro che si trova vittima di una battuta di caccia: il punto di vista, in questa seconda situazione, è della carabina che spara. Successivamente il sisma che ha colpito l’Italia centrale nel 2016 ci racconta alcune cose di sé. Altre storie si intrecciano. In questo sguardo inedito, l’uomo diventa accessorio, pedina da osservare a malapena, che si fa ombra e quasi scompare. Un’idea di reantropomorfizzazione della natura e del mondo, un modo cioè di riattribuire atteggiamenti espressivi del pensiero umano ad animali e cose, così da trasformare e mettere in crisi la nostra percezione della realtà. Lo stile di Nanni si ispira al puntinismo e la tecnica utilizzata è in digitale: i puntini sono infatti applicati su diversi livelli dell’immagine. Questo porta anche a effettuare una riflessione su ciò che questo tipo di immagine ha da dire del mondo che prova a rappresentare e cioè che quello che vediamo non ha mai un solo livello di espressione, ma è in verità composto da più strati che possono anche richiedere gradi di lettura e interpretazione differenti.
In Tutto è vero invece la protagonista è una cornacchia parigina che vive le sue avventure osservando la città, tra una bambina che ha deciso di pedinare, Alfred Hitchcok sul set de Gli uccelli e un attentato terroristico. La narrazione pare avere un’impronta che tende a dare una maggiore consistenza alla storia. Rispetto ad Atto di Dio c’è una volontà più evidente nella ricerca di un senso chiaro e volutamente più politico. Ci si distanzia ancora una volta dalla soggettiva umana, ma qui l’uomo ha una presenza più ingombrante e decisiva nella risoluzione del racconto. Inoltre cambia anche la tecnica utilizzata da Nanni: in questo lavoro passa dal digitale all’analogico, usando veri fogli di acetato sovrapposti, come si usavano una volta per il cinema d’animazione. Lui stesso lo descrive così: “Lavoro semplicemente con una palette di colori che sono risultanti della sovrapposizione dei soli inchiostri ciano, magenta, giallo e nero, e le cui diverse sfumature risultano dalla grandezza dei punti del retino. […] Nel passaggio ai fogli di acetato ho riprodotto una tecnica molto simile, ma che non è esattamente la stessa, perché più intuitiva. Per esempio ho sostituito il magenta con il rosso. E i retini non sono pre-esistenti, ma disegnati grattando il tratteggio, come si usa fare nell’incisione”. Ciò evidenzia un rapporto più diretto con l’immagine, un quasi scontro con essa che deriva probabilmente dalla necessità di veicolare in un modo diverso il tema legato alla violenza prodotta dal terrorismo e dalle storture della società che la produce e la immagazzina.
Su queste stesse pagine, riguardo a un’altra sua importante opera, Cronachette, scrivevo che Nanni credeva nell’esaltazione della potenza del disegno, come se si rendesse conto che quello è ciò che sempre comanda in un medium come il fumetto. Come faceva poi sostenere al suo personaggio principale nella tavola finale del volume, “i testi nei fumetti sono come delle macchie grigie sulla tavola, e sono la prima cosa su cui lavorare nel comporla: perché non devono disturbare l’occhio”. Credo che dal disegno, e cioè un elemento particolare, si sia passati all’immagine nella sua totalità, cioè dunque a un elemento universale. E penso anche che i testi, in questi suoi due lavori, non siano più semplicemente “macchie grigie”, ma elementi ben definiti che cercano di mediare tra il possibile falso e il possibile vero dell’immagine. La complessità del mondo è ciò che Nanni vorrebbe provare a decifrare da una prospettiva inedita: è un’impresa titanica, ma la sua arte prova ad avvicinarlo sempre di più all’obiettivo.